domenica 30 marzo 2008

L'indebitamento delle famiglie italiane è cresciuto del 91% in 5 anni!

In appena cinque anni, dal 2002 al 2007, l'indebitamento delle famiglie italiane è cresciuto in maniera impressionante! Uno studio della Cgia di Mestre ha rivelato che l'incremento è da quantificarsi nella misura del 91%. Negli ultimi due anni l'indebitamento medio è cresciuto del 9,2% ed ammonta a 15.578 euro. I debiti contratti hanno ragioni diverse. Si va dai mutui per la casa ai prestiti per l'acquisto di beni mobili al credito al consumo per l'acquisto del telefonino, fino ad arrivare ai finanziamenti per le ristrutturazioni edilizie. Le città che si sono più indebitate nell'ultimo anno sono quelle che registrano anche i livelli di reddito più elevati.

sabato 29 marzo 2008

Sono detraibili le spese sostenute per l'acquisto dell'abbonamento ai servizi di trasporto pubblico

L’Agenzia delle Entrate spiega, con la circolare 19/E, lo sconto Irpef del 19% sulle spese sostenute per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale. Il nuovo sconto si calcola sulle spese sostenute nel 2008 con il limite massimo di 250 euro e potrà, pertanto, essere fatto valere nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2008 mediante il 730/2009 o con Unico 2009 persone fisiche. Il limite di 250 euro è riferito cumulativamente alle spese sostenute dal contribuente per il proprio abbonamento e per quello dei familiari a carico con il limite massimo di 47,50 euro (19% di 250 euro) e l’utilizzo della detrazione è ammesso entro i limiti di capienza dell’Irpef dovuta.


Fisco: sarà possibile dedurre i contributi versati a fondi integrativi del SSN

La nuova lettera "e-ter" dell’articolo 10 del Tuir, modificata dalla Finanziaria 2008, consente a tutti i contribuenti, di dedurre dal proprio reddito, fino ad un massimo di 3.615,20 euro, i contributi versati a fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale (i cosiddetti fondi “doc”).

Questa modifica, che mira a regolare gli oneri deducibili, consente anche ai titolari di redditi diversi da quelli derivanti da lavoro dipendente, quali ad esempio possono essere i lavoratori autonomi e i titolari di reddito d’impresa, di usufruire di questa deduzione che, fino ad oggi, era riservata ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di certe pensioni.

L’estensione della deducibilità di questi contributi non era mai partita per mancanza delle regole attuative; ma il vuoto legislativo sta per essere colmato grazie al decreto del ministro della Salute firmato pochi giorni fa.


venerdì 28 marzo 2008

Si mantiene alta la tensione sui mercati e l'Euro vola sulla Sterlina!

"Gli interventi esterni sono delle stampelle. E' meglio lasciar sfogare la crisi che continuare ad aggiungere pezze. Io credo nel mercato". Lo ha detto Francesco Micheli, presidente di Genextra e fondatore di Fastweb, ai microfoni di "Class Cnbc" rispondendo alla domanda: "il mercato riuscirà a uscire da solo dalla crisi o saranno necessari altri interventi come quelli messi in atto dalle banche centrali?" Per Micheli, "le crisi sono più o meno tutte uguali, se di peculiarità si può parlare è che quella attuale è un bubbone scoppiato troppo tardi".

Intanto, oggi, la sterlina è scesa al minimo storico contro l'euro, a 79,29 pence come conseguenza di indicazioni che vanno nella direzione di un abbassamento dei tassi da parte della Banca d'Inghilterra il 10 aprile prossimo. Altri fattori che hanno contribuito all'indebolimento della divisa inglese nei confronti della moneta unica sono, senza dubbio, l'abbassamento del pil britannico, che nel quarto trimestre ha registrato un +2,8% annuo, la performance più bassa dal 2006, nonché la dinamica dei prezzi delle abitazioni, che si è attestata al livello minimo da oltre un decennio.

giovedì 27 marzo 2008

Il 30 Aprile entra in vigore il Decreto Legislativo n. 231 del novembre 2007 in materia di riciclaggio di denaro sporco


Nell'ambito della lotta ai finanziamenti illeciti volti a favorire fenomeni di riciclaggio di denaro sporco, la cui destinazione potrebbe essere quella di finanziare atti terroristici a livello globale, lo scorso 29 dicembre è entrato in vigore il Decreto Legislativo numero 231 del 21 novembre 2007, che recepisce la Terza Direttiva Antiriciclaggio/Antiterrorismo (n. 2005/60/CE), volta a prevenire il riciclaggio di fondi di provenienza illecita ed il finanziamento del terrorismo internazionale.

Con la nuova normativa, che conferma il preesistente impianto giuridico, vengono introdotti nuovi obblighi e divieti finalizzati a rafforzarne l'effetto, in modo da rendere tutto il quadro normativo più aderente alle esigenze di contrasto dei fenomeni del riciclaggio e del terrorismo.

A partire dal prossimo 30 aprile 2008, in ottemperanza al suddetto decreto, entreranno in vigore le nuove norme concernenti la limitazione all'uso del contante e dei titoli al portatore. I punti salienti del decreto sono 9 e di seguito li riportiamo in estrema sintesi.

1) divieto di trasferire denaro contante o titoli al portatore, fra soggetti diversi, quando il valore dell'operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o superiore ad euro 5.000,00 (in precedenza la soglia era pari ad euro 12.500,00);

2) obbligo, per tutti gli istituti di credito, di rilasciare i moduli di assegni muniti della clausola di "non trasferibilità"; è possibile, tuttavia, richiedere per iscritto presso gli sportelli della propria banca il rilascio di moduli di assegno in forma libera pagando, a titolo di imposta di bollo, la somma di euro 1,50 per ciascun modulo;

3) gli assegni emessi per un importo pari o superiore ad euro 5.000,00 devono recare l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di "non trasferibilità" (in precedenza la soglia era pari ad euro 12.500,00);

4) gli assegni emessi a proprio favore con le formule: "a me stesso", "a se stesso", "a me medesimo", "a m.m." o altre equivalenti, possono essere girati unicamente per l'incasso ad una banca o a Poste Italiane;

5) La banca consente di richiedere l'emissione di assegni vidimati. In tal caso gli assegni sono
emessi muniti della clausola di "non trasferibilità", salvo che il richiedente, all'atto della richiesta scritta, dichiari espressamente di voler emettere assegni vidimati di importo inferiore ad euro 5.000,00 in forma libera. Per ogni assegno vidimato richiesto in forma libera è dovuto un importo di euro 1,50 a titolo di imposta di bollo;

6) i vaglia postali sono emessi con l'indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di "non trasferibilità". Si può richiedere a Poste Italiane, per iscritto e pagando l'imposta di bollo di euro 1,50 per ciascun titolo, il rilascio di vaglia postali di importo inferiore ad euro 5.000,00 senza la clausola di "non trasferibilità";

7) ciascuna girata apposta su assegni bancari o postali, vaglia circolari o cambiari e vaglia postali emessi in forma libera deve recare, a pena di nullità, il codice fiscale del girante;

8) il saldo dei libretti al portatore non può essere pari o superiore ad euro 5.000,00 (in precedenza la soglia era pari ad euro 12.500,00). I libretti al portatore esistenti alla data del 30 aprile 2008, con saldo pari o superiore ad euro 5.000,00 devono essere estinti o il relativo saldo deve essere ridotto al citato importo entro il 30 giugno 2009;

9) in caso di trasferimento di libretti di risparmio al portatore, il cedente deve comunicare alla propria banca o alle Poste, entro 30 giorni, la data di trasferimento e i dati identificativi del cessionario, codice fiscale compreso.

Le cambiali e i pagherò sono esclusi dalla nuova imposta di bollo di 1,50 euro prevista per gli assegni bancari, postali, circolari e per i vaglia postali o cambiari speciali; il riferimento ai “vaglia cambiari”, infatti, riguarda solo quelli speciali emessi da Banca d’Italia, Banco di Napoli e Banco di Sicilia e non i vaglia cambiari ordinari (cambiale e pagherò) che sono strumenti di credito e non mezzi di pagamento.

mercoledì 26 marzo 2008

La crisi del dollaro potrebbe volgere al termine!


A sostenerlo sono stati gli eperti dei mercati valutari delle principali banche d'affari italiane ed estere intervistati, la scorsa settimana, da Maximilian Cellino di "Plus 24".

La situazione poco rosea in cui versa l'economia mondiale, in gran parte da addebitarsi alla crisi dei mutui subprime americani e a una volatilità valutaria fuori dal comune, ha destato nei mercati monetari una sorta di incertezza a breve termine che, molto probabilmente, subirà una svolta, in positivo, a partire dalla seconda metà di quest'anno.

Maximilian Cellino ha raccolto le impressioni di Cosimo Musiello di "Prometeia Advisor Sim". Secondo Musiello, il cambio euro/dollaro, potrebbe ancora subire delle variazioni importanti sul versante della moneta unica, con impennate prossime a 1,70 dollari per euro. Come lui la pensa però l'11% degli intervistati (il 4% addirittura "prospetta" a breve valori superiori a 1,70), mentre la grande maggioranza (64%) ritiene che da qui ai prossimi tre mesi si continuerà ad oscillare attorno agli attuali livelli, ovvero fra 1,50 e 1,60.

Propendono per una svolta decisa in favore del biglietto verde Didier Borowski di "Société Générale Am", Marco Pelissero di "Banca Patrimoni Sella & C." e Giorgio Giovannini di "Henderson Global Investors". Tutti concordano sul fatto che oggi l'America è in crisi ma sarà anche il primo mercato a riprendersi in termini di crescita economica.

Ad analizzare le ricadute sull'economia europea ci hanno pensato Mauro Toldo di "Deka Bank" e Corrado Caironi di "Black Rock". I due analisti ritengono che sarà importante valutare l'impatto che le disavventure finanziarie avranno sugli altri Paesi, anche perché, se la crisi mette in difficoltà l'economia europea è possibile che ci sarà pressione sull'euro. Anche la Banca Centrale Europea dovrà uscire da questo stato d'inerzia volto al contenimento dell'inflazione. Un eccessivo apprezzamento della moneta unica, infatti, rappresenta un serio freno alla crescita economica dell'eurozona. E' molto probabile che nella seconda metà dell'anno assisteremo a una convergenza in termini di tassi fra Usa ed Europa e la Bce si indirizzerà verso una maggiore flessibilità, con possibili tagli del costo del denaro. In questo modo anche gli effetti dell'allargamento del differenziale tassi Bce-Fed, uno fra i fattori chiave della caduta del dollaro, sarebbero destinati ad affievolirsi.

sabato 22 marzo 2008

Mifid: l'intermediario deve verificare la competenza del proprio cliente

La Direttiva Mifid, di cui il nostro blog si è già lungamente occupato, tratta una materia di per sè ostica e particolarmente complessa che, sovente, può generare confusione nei soggetti interessati dal suo ambito di applicazione. A tal fine, ogni contributo atto a chiarire qualsivoglia dubbio merita la giusta visibilità.

In tema di derivati e tutela per la clientela la Direttiva Mifid sta svolgendo un ruolo determinante. Nel numero odierno di "Plus 24", Luca Frumento ha affrontato la questione offrendo ai lettori importanti chiarimenti che di seguito riportiamo integralmente.

La società X ha un certo affidamento presso la banca Y. Tizio, amministratore unico di X, viene indotto dal responsabile di filiale della banca a sottoscrivere un'operazione in derivati, quale strumento ritenuto necessario per coprire la società dal rischio di aumento dei tassi di interesse, assicurando che il rapporto avrebbe potuto essere risoluto in ogni momento. Inoltre, pur essendo Tizio, come anche i soci di X, del tutto privo di nozioni di materia di investimenti, specie per quanto attiene ai derivati, gli viene fatto sottoscrivere la dichiarazione di possedere "una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari". Successivamente la società X fa causa ad Y, sostenendo, tra le altre, che la banca sarebbe venuta meno di doveri informativi verso l'investitore nel collocamento dei derivati. La banca si difende affermando che la dichiarazione resa da Tizio, la esenta in gran parte da tali doveri, sulla, base dell'articolo 31 del Regolamento Consob numero 11522/98, ora non più in vigore.

Tale normativa ha alimentato un consistente contenzioso. E sul valore della dichiarazione o dell'effettiva verifica dei requisiti di professionalità, la giurisprudenza appare spaccata. Per il Tribunale di Milano: "l'articolo 31, comma 2 del Regolamento Consob 11522/1998 consente al legale rappresentante di società di capitali di rilasciare una dichiarazione che ha effetto liberatorio per l'intermediario in relazione agli obblighi su di lui incombenti allorché il cliente non vanti specifiche competenze in materia" (sentenza del 20 luglio 2006).

Viceversa, il Tribunale di Torino sentenzia: "Anche l'investitore, sia esso società o persona giuridica, per essere considerato operatore qualificato ai sensi e per gli effetti dell'articolo 31 Regolamento Consob n. 11522/98, deve effettivamente possedere la specifica competenza e l'esperienza richieste per comprendere i rischi connessi all'operazione finanziaria che intende porre in essere" (sentenza del 18 settembre 2007).

La nuova normativa (Allegato 3 del Regolamento Consob 16190/07, di recepimento della Mifid) assicura un maggior grado di tutela al cliente professionale che tali si dichiari: viene infatti stabilito che la disapplicazione delle ordinarie regole di condotta è consentita solo "quando, dopo aver effettuato una valutazione adeguata della competenza, dell'esperienza e delle conoscenze del cliente, l'intermediario possa ragionevolmente ritenere, tenuto conto della natura delle operazioni o dei servizi previsti, che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi che assume". Nello svolgere tale valutazione l'intermediario dovrà verificare il rispetto di alcuni requisiti di "professionalità" previsti dalla nuova normativa. Tra queste devono essere soddisfatti almeno due dei seguenti requisiti (ex par. 11.1 Allegato 3 Reg. Consob 16190707) : "a) il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato in questione con una frequenza media di 10 operazioni al trimestre nei quattro trimestri precedenti; b) II valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contante, deve superare 500.000 euro; e) il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi previsti". Articolo a cura di Luca Frumento di "Plus 24"

giovedì 20 marzo 2008

A Febbraio i tassi sui mutui sono scesi al 5,62%

Tassi in discesa, finalmente, a febbraio per i mutui accesi per l'acquisto di un immobile; ora si sono attestati ai livelli dell'agosto scorso. A renderlo noto è stata l'Abi attraverso la divulgazione del consueto rapporto mensile sull'andamento dei mutui in Italia. A Febbraio, il tasso medio (che comprende sia mutui a tasso fisso che a tasso variabile) è stato del 5,62% (5,69% a Gennaio) stesso livello di Agosto 2007, quando scoppiò la crisi dei famigerati mutui subprime, che ancora oggi sta mettendo a dura prova la tenuta e la stabilità dell'economia mondiale. I tassi sui prestiti alle imprese scendono, sempre in riferimento allo stesso periodo, al 5,28% rispetto al 5,35% fatto registrare a Gennaio.

lunedì 17 marzo 2008

Analisi dell'andamento del mercato dei mutui casa in Italia



L'andamento del mercato dei mutui casa in Italia nel 2007 è stato condizionato, direttamente e indirettamente, da numerosi eventi significativi. Innanzi tutto si sono registrate discontinuità rilevanti nel mercato immobiliare, che ha fortemente rallentato rispetto al 2006 fino a mostrare un segno negativo in termini di numero di compravendite ed un numero positivo ma decisamente più ridotto in termini di crescita del valore delle transazioni. La BCE ha fissato il tasso di riferimento a metà 2007 al 4%, valore massimo da oltre 5 anni. Sono
inoltre state introdotte novità nel quadro normativo ed il comparto è stato al centro dell'attenzione degli organi di informazione anche in relazione al verificarsi di fenomeni ai quali il sistema dell'offerta nel nostro Paese è estraneo, quali appunto l'andamento dei tassi di interesse e la crisi dei mutui subprime negli USA.

In questo contesto difficile, le erogazioni di mutui immobiliari a favore delle famiglie consumatrici, pur rallentando significativamente, sono cresciute nel 2007 rispetto al 2006, confermando il loro ruolo di risorsa indispensabile per le famiglie che intendono acquistare l'abitazione e di sostegno per l'economia nazionale. I dati dell'Osservatorio Assofin sui mutui casa, realizzato in collaborazione con alcuni tra i maggiori Gruppi bancari e le principali Banche specializzate che operano nel comparto, indicano una crescita dei flussi finanziati pari al +6.1%, in decisa decelerazione rispetto a quella rilevata a fine 2006.

Dal lato della domanda, il 2007 ha visto modificare significativamente le preferenze della clientela in termini di caratteristiche dei nuovi mutui accessi per tipologia di tasso, mentre risulta sostanzialmente confermata la tendenza all'aumento degli importi e delle durate
contrattuali.

Nel 2007 sono le banche specializzate nel credito per la casa a far registrare l'incremento di attività più consistente (+13.9%, sebbene in decisa frenata rispetto al +35.4% di fine 2006), anche se pure le banche generaliste mostrano un (più contenuto) aumento dei volumi erogati pari al +2.9% (+10.6% nel 2006). Gli operatori specializzati sono dunque apparsi meglio in grado di soddisfare le nuove esigenze di una domanda in rapido mutamento e di intercettarne il flusso.

Alla performance meno brillante rispetto al recente passato del mercato dei mutui casa nel corso del 2007 ha contribuito come ricordato l'andamento del mercato immobiliare residenziale che, secondo alcune analisi, ha chiuso l'anno con una flessione di alcuni punti percentuali in termini di numero di compravendite, mentre la media dei prezzi delle abitazioni nel corso dell'anno risulta essersi leggermente ridotta e poi stabilizzata. E' bene ricordare, tuttavia, che l'andamento del mercato dei mutui immobiliari in Italia si colloca all'interno di un trend di lungo periodo, legato a fenomeni di natura strutturale (profonde trasformazioni socio-demografiche e comportamentali delle famiglie italiane), che determinano in modo più frequente rispetto al passato l'esigenza di fare ricorso al credito per l'acquisto di abitazioni.

Tra i fattori di carattere strutturale rientra certamente la maggiore concorrenza tra gli operatori che ha determinato un'evoluzione dell'offerta, con prodotti caratterizzati da livelli di flessibilità ed innovazione sempre più elevati, lo sviluppo di nuovi canali distributivi e l'ampliamento verso nuovi segmenti di clientela (in particolare stranieri e lavoratori atipici).

La crescita del credito immobiliare degli ultimi anni ha interessato tutti o quasi i paesi dell'Unione Europea, per i quali si è assistito ad un aumento del rapporto tra consistenze di crediti immobiliari e PIL. A fine 2006 (ultimo dato disponibile) l'indice per l'Italia (16.6%) risulta ancora molto inferiore rispetto a quello registrato in altri Paesi europei geograficamente e culturalmente vicini - quali Regno Unito
(59.7%), Spagna (55.8%), Germania (34.4%) e Francia (31.6%) - e lontano dalla media UE (41.5%).

Il forte rallentamento del mercato registrato nel 2007 risulta confermato dai dati relativi al numero di contratti di mutuo stipulati, che mostrano una crescita del +2.8%, dimezzata rispetto a quella registrata a fine 2006. Tale rallentamento è senza dubbio attribuibile al calo delle compravendite immobiliari che, come ricordato, risulta ridotta di alcuni punti percentuali a fine anno rispetto al 2006.

Dal monitoraggio di un campione di banche, in gran parte specializzate nell'erogazione di mutui casa e particolarmente dinamiche, risulta che una quota crescente dei nuovi contratti di mutuo stipulati nel corso dell'anno, pari a circa il 13%, è riferibile a finanziamenti destinati a
sostituire mutui per l'acquisto di abitazioni stipulati precedentemente con gli stessi o con altri operatori bancari. In non pochi casi si tratta di rinegoziazioni suggerite dalle stesse banche, in una logica di attenzione alla propria clientela e con finalità di fidelizzazione, al fine di rendere più sostenibile il peso delle rate dei mutui a tasso variabile che, nel mutato scenario di accresciuto costo del denaro, potevano essere divenute troppo onerose a fronte dei redditi delle famiglie rimasti inalterati.

E' proseguito anche nel 2007 il trend di crescita del numero di nuovi mutui accesi inferiore a quella dei flussi erogati, a conferma della tendenza in atto verso un progressivo aumento dell'importo medio finanziato. Tale evoluzione è essenzialmente spiegata dagli incrementi registrati nei prezzi delle abitazioni. Nel quinquennio 2003 — 2007 la quota di mutui di importo superiore a 100.000 euro passa dal 53% al 75% del totale in termini di flussi erogati e dal 31% al 55% in termini di numero di contratti stipulati. Con riferimento alla ripartizione per numero di contratti, si rileva come nel 2007 la classe di importo che fa segnare la frequenza maggiore risulti quella compresa tra 100 e 200 mila euro (46%), mentre nel 2003 la classe di importo modale era quella compresa tra 50 e 100 mila euro (44%). In termini assoluti, nel 2007, l'importo medio dei mutui per acquisto di abitazioni si attesta attorno a 127.000 euro (era pari a circa 95.000 euro nel 2003), mentre quello degli "altri mutui immobiliari" (per ristrutturazione o liquidità) è pari a circa 113.000 euro (contro gli 85 mila del 2003).

Parallelamente alla tendenza verso erogazioni di importo più elevato si conferma, anche per il 2007, un allungamento delle durate dei contratti. In particolare emerge come la classe dei nuovi mutui di durata superiore a 25 anni, con una significativa crescita del suo peso rispetto al totale, risulti la classe modale, sia in termini di flussi erogati (43%), sia in termini di numero di contratti stipulati (37%).

In Italia l'acquisto dell'abitazione attraverso l'accensione di un mutuo ha visto, fino al 2006, prevalere la scelta del tasso di interesse variabile, per via della minore onerosità iniziale rispetto al fisso e della prevista relativa stabilità dei tassi, garantita all'appartenenza all'eurozona. Nel corso del 2007 si registra tuttavia una decisa inversione di tendenza, con una quota superiore al 50% di flussi erogati relativa a mutui a tasso fisso (52% contro il 21% dell'anno precedente), che trova riscontro anche in termini di numero di contratti stipulati (56% contro il 26% del 2006). Specularmente, si assiste ad un deciso ridimensionamento della quota sul totale dei mutui a tasso variabile, che nel 2007 rappresentano il 39% in termini di flussi erogati ed il 36% in termini di numero di contratti stipulati (le percentuali nel 2006 erano pari, rispettivamente, al 64% in termini di eroga2Ìoni ed al 59% in termini di numero di contratti). Il fenomeno è spiegato in parte dalla reazione psicologica suscitata dall'evidenza che hanno dato i media alle situazioni di difficoltà in cui si sono venute a trovare alcune famiglie che avevano acceso mutui a tasso variabile nel recente passato, dai timori di nuovi rialzi dei tassi da parte della BCE e dalla progressiva riduzione del gap tra tassi fissi e variabili offerti dagli operatori.

Infine, si assiste ad un ridimensionamento della quota dei mutui a tasso misto, categoria di contratti che prevede la possibilità di un passaggio da un tasso fisso ad un tasso variabile o viceversa, a determinate scadenze. Nel 2007 essa risulta pari a circa il 9% del totale in termini di flussi erogati (era il 15% nel 2006) ed all'8% in termini di numero di contratri stipulati (era il 15% nel 2006). Fonte Assofin

sabato 15 marzo 2008

La crisi del credito inizia a trasferirsi sull'economia reale!

"I mercati azionari hanno previsto cinque delle ultime nove recessioni". Parola del premio Nobel Paul Samuelson. Anche il 2008 rientrerà in uno dei casi di sovrareazione delle Borse a un contesto macroeconomico impegnativo o avrà ragione chi, come il capo economista di Merrill Lynch, David Rosenberg, definisce l'attuale situazione "uno strano animale", per via dell'affiancarsi a un contesto recessivo di una restrizione dell'accesso al credito? Sì, perché dalla scorsa estate si è passati da una situazione di eccesso di liquidità a una sua carenza e il prossimo passo ipotizzato è il cosiddetto credit crunch, ossia una violenta riduzione del credito disponibile con ricadute sui prestiti erogati e sui loro costi.

Il perdurare di rigide condizioni di accesso al credito ha infatti anche le potenzialità per tradursi in maggiori difficoltà di ricorso al finanziamento bancario per le aziende, così come per le famiglie, e per provocare quindi un trasferimento delle tensioni finanziarie sull'economia reale. Se non è ancora recessione, c'è quindi un motivo in più perché possa diventarlo. Lo stesso presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, solo lo scorso 14 febbraio, parlando davanti alla Commissione bancaria del Senato Usa, ha detto che il credit squeeze (la stretta del credito) continuerà a raffreddare la crescita. E in effetti negli Stati Uniti già da qualche settimana si parla di un'estensione dei problemi verso il credito al consumo, il settore delle carte di credito, e quello dei finanziamenti per l'acquisto di auto.

Per capire la portata della crisi del credito è allora necessario muoversi su due piani distinti ma interconnessi: quello direttamente finanziario e quello economico. Articolo a cura di Marco Barlassina e Valeria Panigada di "Finanza Magazine"

venerdì 14 marzo 2008

Valutare il rischio degli hedge fund

II rischio degli hedge fund dovrebbe occupare una posizione di primo piano in qualsiasi valutazione di un eventuale investimento in questi strumenti. Trattandosi di fondi rimasti per lungo tempo senza alcuna regolamentazione, è opportuno che gli investitori considerino in che termini questo può minare il loro grado di sicurezza. Vi sono diversi esempi, ormai ben noti, di frodi con hedge fund e di frodi apparenti ed è probabile che la parte più imprenditoriale e per così dire "artigianale" del settore degli hedge fund contribuisca alla debolezza procedurale che lo attanaglia alla base. Cosa che dovrebbe essere meno probabile nelle parti del settore delle gestioni patrimoniali tradizionali, ben consolidate, dotate di una maggiore consapevolezza procedurale e altamente regolamentate. Nel passaggio da un ambiente regolamentato a uno che non lo è, è opportuno che gli investitori si sentano a proprio agio. La regolamentazione, però, è alle porte: dall'inizio del 2006 gli hedge fund statunitensi (ovvero gli hedge fund che hanno sottoscrittori USA) sono stati chiamati a registrarsi come consulenti all'investimento presso la Securities and Exchange Commission (SEC). Sebbene si sappia che una minoranza di hedge fund ha eluso queste nuove norme, chiudendo l'accesso a nuovi investitori oppure imponendo un lock-up di due anni prima che gli investitori potessero ritirare i propri fondi, secondo fonti del settore la stragrande maggioranza degli hedge fùnd appartenenti all'industria statunitense si è registrata presso la SEC.

II settore degli hedge fund è in rapida espansione e la proliferazione di relazioni sui rischi del settore e sulle bestpractice dimostra al tempo stesso sia le carenze sia l'emergere di una comprensione delle bestpractice. Sono tutti segnali della crescente maturità e istituzionalizzazione del settore. Ciò nonostante, gli investitori non possono dar per scontato che i loro hedge fund siano gestiti seguendo standard elevati. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata al rischio operativo nel processo di due diligence di un hedge fùnd, essendo questo la principale ragione delle chiusure catastrofiche e improvvise degli hedge fund.

Una questione chiave che gli investitori dovrebbero considerare deriva dalle difficoltà incontrate dagli hedge fund nello sviluppo di un marchio duraturo, in parte a causa degli effetti di incentivazione della struttura delle commissioni di performance, che ha portato a un tasso elevato di chiusure. Il potenziale incentivo che gli hedge fund chiudano dopo un periodo di performance mediocri dovrebbe indurre gli investitori, o i loro consulenti, a cercare delle alternative al gestore di hedge fund; un elemento che almeno in termini di tempo e sforzo va ad aggiungersi ai costi di investimento. APPROFONDIMENTI: Quali sono le migliori strategie hedge fund?

mercoledì 12 marzo 2008

Super Euro? Mica tanto!

Considerato il gran parlare che si fa in merito alla strapotenza della moneta unica europea nei confronti del dollaro, riteniamo utile portare a conoscenza dei nostri lettori il punto di vista di Francesco Galimberti di "Plus 24".

Quella di Galimberti è un'analisi lucida, precisa e puntuale, diversa dalle solite disamine che tendono ad imputare al super euro il rallentamento economico in corso nel Vecchio Continente.

"Non passa giorno senza che qualcuno si lamenti dell'eccessiva forza dell'euro - dice Galimberti - una forza che spiega, sempre secondo quel "qualcuno", il rallentamento economico in corso nei Paesi della moneta unica. Eppure, questi record valutari bilaterali non sono dei veri e propri primati di forza o di debolezza. Primo, perché l'apprezzamento o il deprezzamento hanno senso solo se valutati in relazione a tutte le valute dei Paesi con i quali un dato Paese effettua scambi commerciali, e non a una sola divisa: si determina così il cambio effettivo nominale, che nelle stime della Banca dei regolamenti internazionali viene calcolato per ogni nazione in relazione a 51 altri Paesi. Secondo, perché la competitivita del cambio dipende anche dai tassi di inflazione presenti in ogni Paese; correggendo gli andamenti dei cambi con gli andamenti dei rispettivi tassi di inflazione si passa dal cambio effettivo nominale al cambio effettivo reale. Terzo, questi record recenti, traguardati con il filtro del cambio effettivo reale, non sono veri e propri record storici. Anche senza risalire alla notte dei tempi, basta ritornare al 1995 per trovare un periodo in cui il
dollaro era più debole e l'euro più forte di oggi. Qualche anno dopo - nel periodo 2000-2002 - il dollaro fu esaltato e l'euro fu umiliato: da allora a oggi l'apprezzamento reale dell'euro e il deprezzamento reale del dollaro si aggirano sul 30%. Ma rimane il fatto che nel 1995 ambedue le valute erano ancor più forti/deboli di oggi. E, per quel che riguarda l'euro, la moneta unica è
senz'altro in grado di sopportare meglio di allora questo scomodo vigore dato che l'economia è meno affetta da sclerosi e il tessuto produttivo si è andato ristrutturando".



CAMBIO REALE VERSO 51 PAESI



























Fonte: Sole 24 Ore - Dati Bri
Euro
Dollaro
Gennaio 1994
118,2
87,6
1995 Max € e Min $
128,0
80,6
2000/2002 Min € e Max $
95,0
108,0
Febbraio 2008
124,3
83,6


lunedì 10 marzo 2008

Convertito in legge il decreto milleproroghe

Con il sì definitivo del Senato il decreto milleproroghe diventa legge.

Di seguito le principali novità del decreto

1) allungamento fino a 72 mesi della rateizzazione del pagamento dei debiti fiscali;

2) nullità delle cartelle di pagamento che non riportino l'indicazione del responsabile del procedimento;

3) credito di imposta automatico per il 2007-2013 alle imprese che realizzano investimenti nel Mezzogiorno;

4) proroga fino al 31 dicembre degli incentivi per rottamare le auto Euro 0 e Euro 1 ed estensione alle auto Euro 2 immatricolate prima del 1999;

5) bonus di 300 euro ed esenzione dal bollo per un anno per chi acquista un motociclo euro 3 fino a 400 c.c. e rottama un Euro 0;

6) proroga fino al 30 settembre dei termini per regolarizzare i lavoratori in nero e stabilizzare i precari.

domenica 9 marzo 2008

Prestiti per la casa raddoppiati in due anni!

Secondo l'ultimo osservatorio di PrestitiOnline, la ristrutturazione della casa continua a essere in vetta alla classifica delle finalità più richieste nel settore del credito al consumo. Ma anche in termini di erogato è il segmento più importante. "La ristrutturazione casa è una finalità in continua crescita nelle erogazioni totali di prestiti personali degli ultimi anni - spiega Roberto Anedda, direttore marketing di Prestiti Oniine - era il 16% del totale nel 2004, il 17% nel 2005, il 25% nel 2006 e oltre il 33% del 2007, un dato confermato anche nei primi mesi del 2008". L'importo medio erogato per la specifica finalità è di 18.000 euro, più elevato rispetto al prestito personale medio (15-16.000 euro) e anch'esso in crescita rispetto all'anno precedente. La durata media è di 6 anni, ma il 40% dei prestiti è comunque erogato per durate dai 7 ai 10 anni.

Pensato per finanziare gli interventi di ristrutturazione e che consente di usufruire delle detrazioni Irpef per le spese di ritrutturazione (legge 449/97) è Dolce Casa, prodotto a marchio Compass.

"La domanda attuale è abbastanza in linea a quella dello scorso anno - spiegano dalla società - viene sottoscritto per importi medi pari a 5.000 euro e per una durata media di 29 mesi". Sul fronte dei finanziamenti per l'acquisto di un'abitazione l'unica società del credito al consumo che si muove in questo ambito è Prestitempo. "La domanda di mutui ha registrato nel 2007 un rallentamento che riflette la contrazione delle transazioni immobiliari, soprattutto delle vendite di nuove costruzioni rispetto agli immobili usati".

Per quanto riguarda la richiesta della clientela Prestitempo si è registrata una tendenza verso i prodotti a tasso fisso sia per le nuove erogazioni sia per le richieste di rinegoziazione (passaggio da tasso variabile a fisso). Prestitempo ha registrato nel 2007 un aumento delle erogazioni pari al 60% rispetto al 2006. Attualmente uno dei suoi prodotti è tra i migliori del mercato con lo 0,85% di spread. Prestitempo, è bene ricordarlo, è anche l'istituto di credito che eroga i mutui del Banco Posta. Articolo a cura di Lucilla Incorvati (Il Sole 24 Ore)

sabato 8 marzo 2008

Bonus incapienti: la richiesta può essere efettuata fino al 30 settembre 2008

I pensionati che non hanno ricevuto il bonus fiscale di 150 euro potranno chiederlo all'Inps tramite il modello predisposto e disponibile sul sito internet dell'ente previdenziale, presentandolo alla sede competente entro il 30 settembre 2008.

A precisarlo è stata la sessa Inps attraverso la comunicazione numero 5785 del 7 marzo 2008.

Il bonus è stato introdotto dall'articolo 44 del decreto legge 159/07, convertito nella legge 222/07, che ha previsto misure di sostegno a favore dei contribuenti a basso reddito. Il decreto ministeriale dell'8 novembre 2007 ha individuato le categorie di, contribuenti destinatari del beneficio, definendo le modalità di erogazione diversificate sulla base della tipologia di reddito posseduta dai destinatari.

Il beneficio consiste nell'attribuzione ai contribuenti che nel periodo d'imposta 2006 hanno avuto un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro e un'imposta netta pari a zero, di una somma pari a 150 euro, maggiorata di un ulteriore importo pari a 150 euro per ciascun familiare a carico. L'articolo 1 del decreto stabilisce che il bonus compete ai soggetti residenti in Italia, non fiscalmente a carico di altri, che nel 2006 hanno avuto un'imposta netta pari a zero, qualora alla formazione del loro reddito complessivo abbiano concorso uno o più redditi espressamente indicati dalla norma, tra cui i redditi di pensione di cui all'articolo 49 del TUIR. Il decreto individua differenti modalità di erogazione delle somme.

L'erogazione è automatica per i pensionati che a dicembre 2007 hanno ricevuto il reddito dallo stesso sostituto d'imposta o ente pensionistico che ha rilasciato loro il Cud relativo ai redditi 2006. La richiesta al sostituto d'imposta è prevista solo in due casi: per il pensionato che ha ricevuto il Cud relativo ai redditi 2006 da un sostituto d'imposta diverso dall'Inps; per il pensionato che nel 2006 ha percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati da un soggetto che non è sostituto d'imposta quali, ad esempio, i datori di lavoro domestico. Questi ultimi possono presentare richiesta all'Inps di bonus fiscale, attestando per iscritto, con riferimento al periodo d'imposta 2006, che l'imposta netta era pari a zero; che è stata presentata la dichiarazione dei redditi o che si era esonerati; la percentuale di spettanza delle deduzioni per familiari a carico eventualmente fruita nel 2006.

I pensionati rientranti in qualunque categoria che, pur trovandosi nelle condizione per fruire del
bonus, non hanno percepito l'importo o lo hanno percepito solo in parte, possono chiedere il beneficio mediante la dichiarazione dei redditi relativa all'anno d'imposta 2007.

I soggetti esonerati dall'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi possono richiedere il benefìcio mediante la presentazione di un'istanza all'agenzia delle Entrate utilizzando un modello che la stessa Agenzia renderà disponibile a breve.

Il comma 5 dell'articolo 2 del decreto pone in capo ai pensionati che abbiano ricevuto le somme in esame l'obbligo di comunicare al proprio sostituto l'eventuale assenza del diritto a percepirle anche in parte. La comunicazione di non aver diritto al bonus per sé o per i familiari a carico dovrà essere resa non oltre il 30 settembre 2008. Articolo a cura di Arturo Rossi (Il Sole 24 Ore)

giovedì 6 marzo 2008

Quali sono le migliori strategie di hedge fund?

In risposta alle numerose richieste pervenuteci in merito a quali siano le migliori strategie hedge fund, proponiamo uno stralcio del libro di Peter Stayner, "Guide to Investment Strategy - How to understand markets, risk, rewards and behaviour", che dovrebbe chiarire meglio l'argomento.

"Alla luce della rapida evoluzione del mercato, la classificazione tradizionale delle strategie di hedge fund potrebbe rivelarsi obsoleta. Una classificazione generica e tradizionale degli hedge fund si basa sulla distinzione fra strategie "direzionali" e "non direzionali". Le prime cercano deliberatamente di trarre opportunisticamente beneficio dalle oscillazioni di mercato e comprendono strategie macro, di short selling e sui mercati emergenti, come pure la maggior parte delle strategie equity long/short e distressed debt.

Per contro, le strategie "non direzionali" cercano deliberatamente di trarre vantaggio dalle anomalie di pricing dei titoli che, in linea di principio, dovrebbero essere comparabili. Strategie di questo tipo sono conosciute come strategie arbitrage o di valore relativo. Una definizione in senso stretto del termine arbitrage si riferisce allo sfruttamento di prezzi diversi per lo stesso titolo, o della stessa esposizione al rischio, in mercati diversi.

L'arbitrage viene usato più ampiamente negli investimenti in hedge fund per descrivere posizioni di compensazione giudicate simili e speculari da un gestore, e che dovrebbero ragionevolmente garantirsi una copertura reciproca per la maggior parte del tempo. In pratica, vi sono quasi sempre elementi di forte rischio che possono minare le strategie hedge fund arbitrage, pertanto questo termine non dovrebbe essere usato con il significato di strategia a basso rischio.

Le altre strategie, spesso definite di tipo event-driven, possono prevedere una combinazione di strategie arbitrage e direzionali. E' stato riconosciuto che, di fatto, tutte le strategie hedge fund comprendono l'esposizione a combinazioni di rischio di mercato più o meno grandi".

martedì 4 marzo 2008

Rinegoziazione agevolata per i mutui Inpdap

L'Agenzia delle Entrate ha reso noto, con la risoluzione numero 68/E del 28 febbraio 2008, che è possibile rinegoziare i mutui ipotecari Inpdap cosi come avviene in banca.

Il provvedimento, nel dettaglio, fa si che le operazioni di finanziamento poste in essere da enti di previdenza obbligatoria nei confronti dei propri iscritti, per estinguere mutui precedentemente contratti per l’acquisto di un immobile a uso abitativo, sono attratte al regime dell’imposta sostitutiva (articoli 15 e seguenti del Dpr 601/1973).

Le operazioni di finanziamento a medio e lungo termine, in alcuni casi particolari stabiliti per regolamento (vedi le risoluzione numero 68/E del 28/2/2008), sono esenti dal pagamento delle imposte di registro, di bollo, ipotecaria e catastale e della tassa sulle concessioni governative a fronte, però, del pagamento di un'imposta sostitutiva la cui entità, fino al 31/7/2004, giorno precedente all’entrata in vigore del decreto legge 168/2004, era per tutte le operazioni pari allo 0,25%.

Con la risoluzione numero 68/E del 28 febbraio 2008, è stato introdotto un regime agevolato, dal punto di vista fiscale, per tutti coloro i quali contraggono un mutuo ipotecario per l’acquisto di un immobile ad uso abitativo. A tal fine, rientrano nel regime tutte le operazioni di ricontrattazione dei mutui originariamente stipulati compresi i nuovi mutui contratti per sostituire quelli precedentemente contratti.

Il nuovo mutuo contratto sconterà l’aliquota dello 0,25% o del 2%, a seconda che, rispettivamente, per l’immobile ricorrano o meno i requisiti previsti per godere del regime agevolato prima casa.

lunedì 3 marzo 2008

Le commissioni sugli hedge fund sono troppo care? Vediamo perché


Secondo molti gestori di hedge fund porre una domanda di questo tipo equivale a chiedersi se i vip del mondo dello sport e del cinema siano pagati troppo o troppo poco. Tuttavia, sebbene la fortuna possa avere un certo peso in qualsiasi tipo di successo, la gestione degli investimenti è indubbiamente unica quanto a possibilità di far passare la fortuna come competenza. Il fatto che la fortuna possa portare ad ampie ricompense finanziarie costituisce un problema perché lancia una serie di messaggi fuorvianti agli investitori, che sfociano in allocazioni errate del capitale d'investimento. E' quindi fondamentale che le commissioni degli hedge fund continuino a essere al centro del pensiero degli investitori.

La commissione standard su un hedge fund individuale è di "1 e 20", "1,5 e 20" o "2 e 20". In altre parole, 1'1%, l'1,5% o il 2% annuo del valore investito vengono applicati come commissione base, mentre il 20% del rendimento ottenuto ogni anno viene trattenuto come commissione di performance, a condizione che il rendimento sia positivo e che superi i picchi di rendimento (high watermark) o il livello massimo della precedente performance.

Degno di nota è il fatto che normalmente non è previsto alcun limite del rendimento diverso dall'high watermark per il versamento delle commissioni di performance. Ciò vuoi dire che una commissione di tipo "2 e 20" può risultare esigibile su una performance inferiore al rendimento di un buono ordinario del Tesoro.

Pur essendo bizzarro corrispondere una commissione di performance su un rendimento inferiore a quello di un buono del Tesoro ordinario, un accordo di questo tipo è stipulato nella speranza di incassare un premio. I fatti dimostrano che alcuni hedge fund normalmente chiusi a nuovi capitali ne accettano selettivamente dei nuovi a una commissione di performance pari al 50% dei futuri profitti.

La struttura delle commissioni esercita una pressione consistente sui gestori di hedge fund in termini di generazione di profitti. Vi sono, infatti, numerosi casi di hedge fund che hanno chiuso decisamente in perdita, non solo perché gli investitori avevano perso fiducia e quindi ritirato i propri fondi, ma anche perché i gestori facevano fatica a motivare lo staff (e se stessi) in presenza di mediocri prospettive immediate che potessero far prevedere l'incasso di una commissione di performance. In questi casi erano più propensi a costituire un nuovo fondo piuttosto che aspettare di recuperare le perdite pregresse per incassare una commissione di performance. Si tratta di una profezia che si autorealizza quando gli investitori si aspettano che i gestori rispondano in questo modo a una performance mediocre.

L'aneddotica sul settore mette in evidenza anche casi di reazione opposta in cui i gestori sembra-
vano assumere più rischi in risposta a una performance mediocre: un gioco pericoloso del tipo "lascia o raddoppia". Ecco perché è fondamentale che l'investitore sia sempre vigile e controlli i comportamenti dei gestori, per vedere se cambia l'assunzione del rischio.

L'attuale struttura delle commissioni appare già sufficientemente ricca per scoraggiare l'investimento in hedge fund. Un premio ragionevole per il rischio azionario è pari al 4% annuo sui titoli di stato decennali e, in una situazione normale, questi prevedono un premio pari a circa 1'1% annuo sulla liquidità. Uno schema di commissione "2 e 20" implica che, laddove gli investitori prevedano di incassare un rendimento post commissioni dagli hedge fund paragonabile a quello di una strategia azionaria passiva, dovranno essere disposti a corrispondere ai gestori di hedge fund circa il 50% del rendimento ante commissioni eccedente sui buoni ordinari del Tesoro. Una quota indubbiamente generosa, da qualsiasi punto di vista la si esamini.

Prima di essere quindi sopraffatti dall'indignazione a causa dell'entità delle commissioni degli hedge fund, sarebbe utile confrontarle con quelle versate normalmente per una tradizionale gestione attiva dei fondi. Gli accordi di gestione attiva di tipo long-only applicano generalmente una base di commissione più alta rispetto a quella delle strategie passive che possono garantire un'esposizione a costo minimo ai rendimenti di mercato. Una commissione più alta viene versata in previsione di una performance superiore, indipendentemente dal fatto che sia giustificata o meno dalla performance attuale.

Nel caso dei portafogli istituzionali, alle volte le commissioni di performance vengono corrisposte anche quando i gestori long-only sovraperformano, rispetto a una soglia concordata, i loro benchmark di mercato. Un confronto equo tra i diversi accordi di commissione avviene nel modo più semplice quando è contemplata la presenza di una norma di riferimento per strategia d'investimento, in termini di titoli azionari, a reddito fisso e di pronto realizzo. Questo può essere facilmente riprodotto con strategie d'investimento a basso costo.

Qualora, come ha suggerito qualcuno, la strategia hedge fund di un investitore possa essere riprodotta in modo analogo, si potrà individuare una base per confrontare le commissioni versate e la plausibilità dei rendimenti attesi secondo le due strategie.

APPROFONDIMENTI: Hedge Fund: investimenti ad altissimo rischio!, Private Equity Funds: conviene veramente investire i propri soldi in questi fondi?

domenica 2 marzo 2008

Le banche centrali non sanno prevedere i tassi di cambio!

Le Banche centrali, che dovrebbero essere ben informate sulla natura dei mercati valutari, ammettono certe volte di non sapere come prevedere i tassi di cambio. A posteriori è facile rendersi conto che un tasso di cambio particolare risultava "vincolato" in una determinata direzione. Molto più difficile è farlo a priori.

Uno dei pericoli maggiori cui potrebbe andare incontro un investitore è di fare scommesse non strutturate in valuta, che rischiano di degenerare, inevitabilmente, in una sorta di azzardo nel quale ci si gioca tutto e che azzera il senso di qualsiasi politica di assunzione di rischio che fino a quel momento aveva caratterizzato la strategia d'investimento.

Il motivo risiede nel fatto che la valuta estera rappresenta una fonte di significativa volatilità senza alcuna ricompensa attesa. Ciò nondimeno, gestito adeguatamente, il rischio di cambio può svolgere un ruolo fondamentale in qualsiasi strategia in cui un investitore si avvalga di un team di consulenti dotato di capacità di giudizio e di esperienza storica (track record) e il cui processo di gestione del rischio rassicuri l'investitore del fatto che l'eventualità di downside quando le cose non vanno nel verso giusto sia del tutto accettabile.
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