"I mercati azionari hanno previsto cinque delle ultime nove recessioni". Parola del premio Nobel Paul Samuelson. Anche il 2008 rientrerà in uno dei casi di sovrareazione delle Borse a un contesto macroeconomico impegnativo o avrà ragione chi, come il capo economista di Merrill Lynch, David Rosenberg, definisce l'attuale situazione "uno strano animale", per via dell'affiancarsi a un contesto recessivo di una restrizione dell'accesso al credito? Sì, perché dalla scorsa estate si è passati da una situazione di eccesso di liquidità a una sua carenza e il prossimo passo ipotizzato è il cosiddetto credit crunch, ossia una violenta riduzione del credito disponibile con ricadute sui prestiti erogati e sui loro costi.
Il perdurare di rigide condizioni di accesso al credito ha infatti anche le potenzialità per tradursi in maggiori difficoltà di ricorso al finanziamento bancario per le aziende, così come per le famiglie, e per provocare quindi un trasferimento delle tensioni finanziarie sull'economia reale. Se non è ancora recessione, c'è quindi un motivo in più perché possa diventarlo. Lo stesso presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, solo lo scorso 14 febbraio, parlando davanti alla Commissione bancaria del Senato Usa, ha detto che il credit squeeze (la stretta del credito) continuerà a raffreddare la crescita. E in effetti negli Stati Uniti già da qualche settimana si parla di un'estensione dei problemi verso il credito al consumo, il settore delle carte di credito, e quello dei finanziamenti per l'acquisto di auto.
Per capire la portata della crisi del credito è allora necessario muoversi su due piani distinti ma interconnessi: quello direttamente finanziario e quello economico. Articolo a cura di Marco Barlassina e Valeria Panigada di "Finanza Magazine"
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sabato 15 marzo 2008
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