Impatto economico globale del conflitto Israele-Iran: rischi e scenari

Le conseguenze economiche globali del conflitto tra Israele e Iran  Il conflitto tra Israele e Iran sta destabilizzando i mercati internazionali, generando effetti tangibili su petrolio, energia e finanza. La tensione geopolitica tra due attori chiave del Medio Oriente non solo influenza i rapporti regionali, ma incide profondamente sull'economia globale. Petrolio alle stelle: impatto sui mercati energetici L'Iran è tra i maggiori esportatori di petrolio e gas naturale , e la sua posizione strategica rende ogni crisi politica una minaccia per l’approvvigionamento mondiale. Il prezzo del Brent ha già registrato un incremento significativo, toccando i 73 dollari al barile , mentre il gas naturale ha subito un aumento del 4% nelle quotazioni europee. Un'eventuale chiusura dello Stretto di Hormuz , da cui transita il 20% del petrolio globale , potrebbe causare un’impennata dei costi energetici, con ripercussioni sull’economia mondiale. Shock finanziari e crollo delle Borse ...

Calano i tassi applicati ai prestiti e ai mutui in un contesto molto complesso

Quello che sta accadendo ai prestiti e ai mutui è del tutto fisiologico e, a dire il vero, da tempo ci si attendeva una riduzione degli interessi ad essi applicati. Secondo l'ultima rilevazione di Bankitalia, a ottobre i tassi applicati sui mutui per l'acquisto di abitazioni sono scesi al 4,06% dal 4,10% del precedente mese di settembre. Più sensibile, invece, è la flessione fatta registrare dai prestiti personali e dal credito al consumo, il cui calo è quantificabile nella misura dello 0,12%, passando dal 9,73% di settembre al 9,65% di ottobre. Lo scenario attuale è favorevole per tutti coloro i quali hanno intenzione di sottoscrivere un mutuo a tasso variabile. A rafforzare questa convinzione sono state le dichiarazioni di Mario Draghi, presidente della Bce, che ha indicato la rotta per uscire dalla crisi che attanaglia l'Europa, non disdegnando nemmeno un'ipotesi che fino a qualche mese fa sembrava molto remota, ovvero quella di ridurre il costo del denaro dall'attuale 0,75% portandolo verso quota zero per cento o addirittura sfondando questa soglia per andare nel campo dei numeri negativi. I prezzi delle case sono diminuiti un po' ovunque e se le banche iniziassero a ridurre anche il livello dello spread applicato ai mutui si potrebbe innescare un meccanismo virtuoso che potrebbe rilanciare il settore immobiliare in Italia. In tal senso, ovviamente, andrebbe anche, di pari passo, ridotta la pressione fiscale per favorire un minimo il rilancio dell'economia interna. Se le previsioni di Draghi sono esatte, l’Euribor dovrebbe mantenersi tra lo 0,10% e l’1%, che sommandosi ad uno spread medio del 3%, farà si che fino al 2014, un mutuo da 150.000 euro in 30 anni, potrebbe subire una variazione di appena 40-50 euro al mese, su una rata di partenza di circa 640 euro. Alla luce di queste considerazioni, appare evidente come sia ancora estremamente conveniente puntare sui mutui a tasso variabile. Il quadro della situazione complessiva resta, comunque,  assai complicato e, andando a spulciare tra i dati emersi da un'indagine effettuata da MutuiOnline, si nota non solo una forte contrazione degli importi richiesti, ma anche la quasi totale scomparsa dei finanziamenti per finalità di sostituzione e surroga poiché non c'è nessuna convenienza nel rinegoziare un vecchio mutuo ai tassi attuali. Anche il loan to value è molto più basso rispetto al passato e, se va bene non supera la soglia del 70% del valore commerciale dell’immobile oggetto d'acquisto. Sul fronte delle sospensioni, al  30 ottobre scorso in Italia il sistema bancario aveva sospeso mutui alle piccole e medie imprese per un controvalore pari a 17 miliardi di euro per un totale di oltre 52 mila Pmi. A 77000 famiglie sono stati, invece, sospesi mutui per un controvalore che, al 30 settembre scorso, ammontava ad oltre 9 miliardi di euro. In tutto questo, trova anche spazio la richiesta avanzata da parte dell'Abi di rinviare l'entrata in vigore dei nuovi criteri di Basilea 3 che, in un momento tanto delicato, potrebbero ulteriormente mettere in difficoltà il settore delle piccole e medie imprese.

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