Inclusione LGBTQ+ e crescita economica: perché i territori più inclusivi sono anche più ricchi
Investire nei diritti non è solo una scelta etica. È una strategia economica vincente.
Lo conferma il secondo rapporto sull’inclusione LGBTQIA+ e lo sviluppo economico locale, realizzato da
Tortuga in collaborazione con l’associazione
Edge, e sostenuto da
SACE. I risultati parlano chiaro:
le aree e le aziende più inclusive registrano performance economiche migliori, attraggono più talenti e godono di una maggiore capacità di innovazione e resilienza.
In un contesto internazionale in cui la polarizzazione ideologica si acuisce – basti pensare alle recenti mosse dell’amministrazione USA contro le politiche di Diversity & Inclusion – lo studio assume una valenza strategica, indicando chiaramente che la crescita passa anche (e soprattutto) dall’apertura e dalla tutela dei diritti civili.
Inclusione e crescita: una correlazione economica sempre più evidente
Il rapporto utilizza un indicatore originale e rivelatore: il numero di unioni civili registrate in ogni territorio, incrociato con parametri economici quali:
-
reddito medio pro-capite,
-
tasso di attività,
-
disoccupazione,
-
attrattività degli investimenti,
-
performance dei distretti produttivi.
La sintesi? I territori più inclusivi sono anche i più dinamici e prosperi.
Lucia Urciuoli, presidente di Edge, evidenzia un dato eclatante: i sistemi locali più inclusivi sono il 61% più ricchi, in termini di reddito pro-capite, rispetto a quelli meno inclusivi. Un dato che rafforza la convinzione che l’inclusività non sia solo una battaglia culturale o politica, ma anche una leva economica concreta.
Il capitale umano non è neutro: attrarre talenti significa attrarre futuro
In un’economia globalizzata dove il talento è risorsa scarsa e contesa, creare ambienti di lavoro e territori inclusivi diventa una necessità strategica. Le persone LGBTQIA+, come tutti, cercano contesti in cui potersi esprimere senza discriminazioni. Ed è proprio in quei contesti che decidono di vivere, lavorare, innovare.
Il report conferma un altro dato interessante: dal 2017 ad oggi, l’attrattività dei territori più inclusivi per la comunità LGBTQIA+ è più che raddoppiata. L’inclusione, quindi, non è un semplice effetto collaterale del progresso: è un motore di sviluppo territoriale.
Il divario dell’inclusione: Nord e grandi città avanti, Sud a due velocità
La “mappa dell’inclusività” italiana conferma uno squilibrio noto ma raramente analizzato in questi termini. Il Nord, in particolare l’asse nord-occidentale (Milano, Torino, Bologna), mostra livelli di inclusione più alti e una correlata performance economica superiore.
Tuttavia, anche nel Sud emergono segnali positivi attorno ai grandi poli urbani come Napoli, Bari e Palermo, dove le politiche locali, le università e il tessuto associativo favoriscono una maggiore apertura. Questo dimostra che non è solo la posizione geografica a fare la differenza, ma l’impegno delle comunità locali nel costruire spazi accoglienti e sicuri.
Imprese e inclusione: un’alleanza vincente
Secondo Edge, le imprese italiane hanno svolto un ruolo da protagoniste nella promozione delle politiche di diversity & inclusion negli ultimi 15-20 anni. Molto più delle istituzioni, spesso lente o reticenti.
Questo gap tra società civile, mondo del lavoro e politica è oggi visibile e problematico. Perché se le aziende comprendono l’importanza della diversità per la competitività e il benessere organizzativo, la politica italiana mostra segnali di arretramento, spesso legati a un clima culturale meno favorevole alla valorizzazione delle minoranze.
Come sottolinea Urciuoli: «La crescita dell’inclusione è frutto non solo di decisioni organizzative o leggi, ma di una spinta culturale. E in questo le imprese sono state apripista».
Europa: chi include cresce. E chi esclude?
Lo sguardo si allarga all’Europa. Francia, Belgio e Spagna, grazie a normative avanzate e politiche inclusive, registrano livelli di sviluppo economico più elevati. Al contrario, Polonia e Ungheria, dove la retorica anti-LGBTQIA+ è diventata politica di governo, mostrano economie meno dinamiche e territori meno attrattivi.
L’Italia, purtroppo, non eccelle. Dopo essere stata in linea con la media europea vent’anni fa, oggi è sotto la media per inclusione e diritti civili. Un trend che, secondo gli analisti, potrebbe peggiorare se la politica italiana continuerà a trattare la comunità LGBTQIA+ come un corpo estraneo al “patto sociale”.
Inclusione come investimento: perché conviene (a tutti)
Il concetto chiave è semplice: inclusione significa sviluppo. Non è solo una questione di giustizia sociale, ma di efficienza economica e strategia industriale. Le imprese inclusive attraggono talenti, innovano di più, fidelizzano meglio i dipendenti, migliorano il clima aziendale e performano meglio.
Un’azienda o un territorio che respinge le differenze è come un motore che gira a metà della sua potenza. Rinuncia a competenze, creatività, capacità di problem solving. E in un’epoca in cui la crescita economica è legata all’economia della conoscenza e alla rapidità di adattamento, questo significa perdere il treno del futuro.
Oltre D&I: verso il modello BEST
Il futuro, secondo Edge, si gioca non solo sul rafforzamento delle politiche D&I ma anche sulla loro evoluzione concettuale. Passare da D&I (Diversity & Inclusion) a BEST:
-
Benessere,
-
Equità,
-
Sostenibilità,
-
Talento.
Un nuovo paradigma in cui i diritti diventano infrastrutture immateriali del progresso, capaci di generare valore economico, coesione sociale e resilienza ai cambiamenti.
Inclusività come strategia nazionale
In un’Italia in cerca di rilancio economico e sociale, puntare sull’inclusione potrebbe essere una delle leve più efficaci. Ma serve una volontà politica chiara, un patto tra istituzioni, imprese e società civile per riconoscere il valore economico delle diversità.
Le città e le imprese che oggi investono in inclusività non stanno facendo solo la cosa giusta. Stanno facendo la cosa più intelligente dal punto di vista economico. E questo è un messaggio che dovrebbe arrivare forte e chiaro ai decisori pubblici.
© Riproduzione vietata