Trump rilancia i dazi USA: nuove tariffe fino al 40% nel 2025

Nuove tariffe USA: il presidente Trump rilancia i dazi e scuote l’economia globale Negli ultimi giorni, la scena economica internazionale è tornata a ruotare attorno a Donald Trump, attuale presidente degli Stati Uniti. La sua amministrazione ha annunciato un pacchetto di nuove tariffe doganali che potrebbero ridefinire, ancora una volta, gli equilibri del commercio globale. Il piano prevede dazi compresi tra il 25% e il 40% su beni importati da oltre 14 Paesi. In parallelo, è stato deciso il rinvio al 1° agosto dell’entrata in vigore delle tariffe generalizzate, inizialmente previste per il 9 luglio. Una scelta strategica che potrebbe aprire a negoziati, ma che intanto ha già agitato i mercati internazionali. Secondo Trump, l’obiettivo è duplice: ridurre il cronico deficit commerciale degli Stati Uniti e incentivare le aziende straniere a rilocalizzare la produzione direttamente sul territorio americano. A detta della Casa Bianca, gli USA avrebbero già incassato oltre 100 miliardi di ...

Inclusione LGBTQIA+ e crescita: i territori più ricchi d’Italia

Inclusione LGBTQ+ e crescita economica: perché i territori più inclusivi sono anche più ricchi

Inclusione LGBTQIA+
Investire nei diritti non è solo una scelta etica. È una strategia economica vincente.
Lo conferma il secondo rapporto sull’inclusione LGBTQIA+ e lo sviluppo economico locale, realizzato da Tortuga in collaborazione con l’associazione Edge, e sostenuto da SACE. I risultati parlano chiaro: le aree e le aziende più inclusive registrano performance economiche migliori, attraggono più talenti e godono di una maggiore capacità di innovazione e resilienza.

In un contesto internazionale in cui la polarizzazione ideologica si acuisce – basti pensare alle recenti mosse dell’amministrazione USA contro le politiche di Diversity & Inclusion – lo studio assume una valenza strategica, indicando chiaramente che la crescita passa anche (e soprattutto) dall’apertura e dalla tutela dei diritti civili.

Inclusione e crescita: una correlazione economica sempre più evidente

Il rapporto utilizza un indicatore originale e rivelatore: il numero di unioni civili registrate in ogni territorio, incrociato con parametri economici quali:

  • reddito medio pro-capite,

  • tasso di attività,

  • disoccupazione,

  • attrattività degli investimenti,

  • performance dei distretti produttivi.

La sintesi? I territori più inclusivi sono anche i più dinamici e prosperi.

Lucia Urciuoli, presidente di Edge, evidenzia un dato eclatante: i sistemi locali più inclusivi sono il 61% più ricchi, in termini di reddito pro-capite, rispetto a quelli meno inclusivi. Un dato che rafforza la convinzione che l’inclusività non sia solo una battaglia culturale o politica, ma anche una leva economica concreta.

Il capitale umano non è neutro: attrarre talenti significa attrarre futuro

In un’economia globalizzata dove il talento è risorsa scarsa e contesa, creare ambienti di lavoro e territori inclusivi diventa una necessità strategica. Le persone LGBTQIA+, come tutti, cercano contesti in cui potersi esprimere senza discriminazioni. Ed è proprio in quei contesti che decidono di vivere, lavorare, innovare.

Il report conferma un altro dato interessante: dal 2017 ad oggi, l’attrattività dei territori più inclusivi per la comunità LGBTQIA+ è più che raddoppiata. L’inclusione, quindi, non è un semplice effetto collaterale del progresso: è un motore di sviluppo territoriale.

Il divario dell’inclusione: Nord e grandi città avanti, Sud a due velocità

La “mappa dell’inclusività” italiana conferma uno squilibrio noto ma raramente analizzato in questi termini. Il Nord, in particolare l’asse nord-occidentale (Milano, Torino, Bologna), mostra livelli di inclusione più alti e una correlata performance economica superiore.

Tuttavia, anche nel Sud emergono segnali positivi attorno ai grandi poli urbani come Napoli, Bari e Palermo, dove le politiche locali, le università e il tessuto associativo favoriscono una maggiore apertura. Questo dimostra che non è solo la posizione geografica a fare la differenza, ma l’impegno delle comunità locali nel costruire spazi accoglienti e sicuri.

Imprese e inclusione: un’alleanza vincente

Secondo Edge, le imprese italiane hanno svolto un ruolo da protagoniste nella promozione delle politiche di diversity & inclusion negli ultimi 15-20 anni. Molto più delle istituzioni, spesso lente o reticenti.

Questo gap tra società civile, mondo del lavoro e politica è oggi visibile e problematico. Perché se le aziende comprendono l’importanza della diversità per la competitività e il benessere organizzativo, la politica italiana mostra segnali di arretramento, spesso legati a un clima culturale meno favorevole alla valorizzazione delle minoranze.

Come sottolinea Urciuoli: «La crescita dell’inclusione è frutto non solo di decisioni organizzative o leggi, ma di una spinta culturale. E in questo le imprese sono state apripista».

Europa: chi include cresce. E chi esclude?

Lo sguardo si allarga all’Europa. Francia, Belgio e Spagna, grazie a normative avanzate e politiche inclusive, registrano livelli di sviluppo economico più elevati. Al contrario, Polonia e Ungheria, dove la retorica anti-LGBTQIA+ è diventata politica di governo, mostrano economie meno dinamiche e territori meno attrattivi.

L’Italia, purtroppo, non eccelle. Dopo essere stata in linea con la media europea vent’anni fa, oggi è sotto la media per inclusione e diritti civili. Un trend che, secondo gli analisti, potrebbe peggiorare se la politica italiana continuerà a trattare la comunità LGBTQIA+ come un corpo estraneo al “patto sociale”.

Inclusione come investimento: perché conviene (a tutti)

Il concetto chiave è semplice: inclusione significa sviluppo. Non è solo una questione di giustizia sociale, ma di efficienza economica e strategia industriale. Le imprese inclusive attraggono talenti, innovano di più, fidelizzano meglio i dipendenti, migliorano il clima aziendale e performano meglio.

Un’azienda o un territorio che respinge le differenze è come un motore che gira a metà della sua potenza. Rinuncia a competenze, creatività, capacità di problem solving. E in un’epoca in cui la crescita economica è legata all’economia della conoscenza e alla rapidità di adattamento, questo significa perdere il treno del futuro.

Oltre D&I: verso il modello BEST

Il futuro, secondo Edge, si gioca non solo sul rafforzamento delle politiche D&I ma anche sulla loro evoluzione concettuale. Passare da D&I (Diversity & Inclusion) a BEST:

  • Benessere,

  • Equità,

  • Sostenibilità,

  • Talento.

Un nuovo paradigma in cui i diritti diventano infrastrutture immateriali del progresso, capaci di generare valore economico, coesione sociale e resilienza ai cambiamenti.

Inclusività come strategia nazionale

In un’Italia in cerca di rilancio economico e sociale, puntare sull’inclusione potrebbe essere una delle leve più efficaci. Ma serve una volontà politica chiara, un patto tra istituzioni, imprese e società civile per riconoscere il valore economico delle diversità.

Le città e le imprese che oggi investono in inclusività non stanno facendo solo la cosa giusta. Stanno facendo la cosa più intelligente dal punto di vista economico. E questo è un messaggio che dovrebbe arrivare forte e chiaro ai decisori pubblici.

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