Dazi USA: 12 Stati contro Trump e il futuro delle politiche commerciali globali
Le politiche tariffarie di Donald Trump continuano a essere al centro di un acceso dibattito, sia negli Stati Uniti che a livello internazionale. Recentemente, dodici Stati americani hanno avviato un’azione legale contro il presidente, contestando la legittimità dei dazi imposti arbitrariamente. Questa iniziativa, che coinvolge Stati come Arizona, Colorado, Connecticut, Delaware, Maine, Minnesota, Nevada, New Mexico, Vermont, New York, Illinois e Oregon, rappresenta un punto di svolta nella battaglia contro le politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump.
Le accuse contro Trump: abuso di potere e danni economici
Secondo i procuratori generali di questi Stati, il presidente non ha il potere di imporre dazi senza l’approvazione del Congresso. La causa, presentata presso la Corte per il Commercio Internazionale degli Stati Uniti, sottolinea che solo il Congresso può legiferare sulle tariffe. «Questi editti riflettono una politica commerciale nazionale che dipende dai capricci del presidente piuttosto che dal corretto esercizio della sua legittima autorità», si legge nella denuncia.
Il governatore della California, Gavin Newsom, è stato il primo a muoversi, affermando che i dazi hanno causato «immediato e irreparabile danno» all’economia dello Stato. Anche l’Oregon, uno degli Stati principali in questa causa collettiva, ha espresso preoccupazione per la vulnerabilità della sua economia, fortemente dipendente dal commercio e dal settore dell’abbigliamento sportivo.
Dan Rayfield, procuratore generale dell’Oregon, ha dichiarato: «Quando un presidente promuove una politica illegale che fa aumentare i prezzi al supermercato e le bollette delle utenze, non possiamo permetterci il lusso di restare a guardare. Queste tariffe colpiscono ogni aspetto della nostra vita, dalla casa all’ambulatorio medico, e abbiamo la responsabilità di contrastarle».
La risposta della Casa Bianca e il contesto internazionale
La Casa Bianca, tramite un portavoce, ha definito l’iniziativa una «caccia alle streghe» contro Trump. Tuttavia, questa causa solleva interrogativi fondamentali sulla separazione dei poteri e sull’impatto delle politiche protezionistiche sull’economia americana.
Parallelamente, sul fronte internazionale, la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina sembra aver raggiunto un punto di svolta. Dopo aver imposto dazi fino al 145% sulle importazioni cinesi, Trump ha recentemente dichiarato di voler rivedere queste tariffe. «Avremo un accordo equo con la Cina», ha affermato il presidente, lasciando intendere che le tariffe potrebbero essere ridotte tra il 50% e il 65% per alcuni beni. Questa mossa sembra essere un tentativo di allentare le tensioni con Pechino, che ha sempre risposto colpo su colpo alle misure americane.
Il presidente cinese Xi Jinping ha accolto con favore l’apertura al dialogo, sottolineando che «non ci sono vincitori nelle guerre tariffarie e commerciali». Pechino ha ribadito la sua disponibilità a negoziare, ma ha chiesto agli Stati Uniti di abbandonare le minacce e di avviare un dialogo basato su uguaglianza e rispetto reciproco.
L’Unione Europea e il ruolo delle alleanze globali
Anche l’Unione Europea osserva con attenzione gli sviluppi della guerra commerciale tra le due maggiori economie mondiali. Il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis, ha dichiarato che, sebbene l’UE condivida alcune preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo alla Cina, imporre dazi contro gli alleati europei non è il modo migliore per mantenere una collaborazione strategica.
Un futuro incerto per il commercio globale
Questo scenario complesso evidenzia come le politiche protezionistiche di Trump abbiano generato tensioni su più fronti, mettendo in discussione non solo i rapporti commerciali internazionali, ma anche l’equilibrio interno degli Stati Uniti. La sfida ora è trovare un equilibrio tra protezione degli interessi nazionali e cooperazione globale.
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