Impatto economico globale del conflitto Israele-Iran: rischi e scenari

Le conseguenze economiche globali del conflitto tra Israele e Iran  Il conflitto tra Israele e Iran sta destabilizzando i mercati internazionali, generando effetti tangibili su petrolio, energia e finanza. La tensione geopolitica tra due attori chiave del Medio Oriente non solo influenza i rapporti regionali, ma incide profondamente sull'economia globale. Petrolio alle stelle: impatto sui mercati energetici L'Iran è tra i maggiori esportatori di petrolio e gas naturale , e la sua posizione strategica rende ogni crisi politica una minaccia per l’approvvigionamento mondiale. Il prezzo del Brent ha già registrato un incremento significativo, toccando i 73 dollari al barile , mentre il gas naturale ha subito un aumento del 4% nelle quotazioni europee. Un'eventuale chiusura dello Stretto di Hormuz , da cui transita il 20% del petrolio globale , potrebbe causare un’impennata dei costi energetici, con ripercussioni sull’economia mondiale. Shock finanziari e crollo delle Borse ...

Meglio i Bot o i fondi comuni d'investimento?

E' meglio investire i propri risparmi in Bot o in Fondi Comuni d'investimento? Questa è la domanda che si è posto, ed alla quale ha cercato di dare risposta, Marco Cobianchi de "Il Sardegna", nel corso di quella che potremmo definire una lucida e puntuale analisi strutturale inerente questi due strumenti finanziari tanto cari agli investitori di casa nostra.

"I motivi per i quali gli italiani non affidano più i propri risparmi ai fondi comuni sono due: - esordisce Cobianchi - rendono poco e costano molto. Per questo, chi riesce ancora a risparmiare, è tornato ad acquistare i Bot che, rendono uguale, costano meno e sono praticamente senza rischi."

"In mancanza di clienti - continua Cobianchi - le società che gestiscono i fondi comuni sono andate in crisi: basti pensare che nel 1999 amministravano soldi pari al 42% del PIL, oggi solo il 16%. Per questo la Banca d'Italia è corsa in aiuto dell'industria dei fondi comuni ed ha proposto due interessanti riforme: la prima è quella di far pagare le tasse (oggi al 12,50%) a chi versa i soldi solo sul guadagno realizzato quando si ritirano i soldi e non sul maturato, ovvero sulla crescita di valore delle quote del fondo (anche se non vengono ritirati i soldi); la seconda proposta è quella di aumentare la concorrenza tra le società di gestione staccandole dalle banche."

"Queste due proposte della Banca d'Italia sono si condivisibili - secondo Marco Cobianchi - ma non intaccano il cuore del problema che è, come detto, che i fondi rendono poco e costano molto. Se si vuole che gli italiani ritrovino la fiducia perduta in questo strumento di investimento, occorre che gli operatori del settore aumentino la loro professionalità e abbassino i costi (soprattutto quelli occulti) che gravano sul cliente."

"E' difficile spiegare ad un risparmiatore come possa, un fondo che investe in azioni italiane, rendere meno del semplice indice della Borsa Italiana o come un fondo obbligazionario possa perdere soldi mentre le obbligazioni italiane ne guadagnano. Evidentemente - dice sempre Cobianchi -, oltre alla normale e comprensibile volatilità dei mercati, c'è qualcuno in quegli uffici, che gestisce soldi non suoi, che non sa fare il proprio mestiere."

"Ed è anche difficile spiegare il motivo per il quale un sottoscrittore di un fondo debba pagare delle commissioni per il solo fatto di decidere di investire in quel fondo, o ne debba pagare delle altre quando decide di uscirne o che il gestore che amministra i suoi risparmi venga remunerato, anche, sulla base della quantità di soldi che gestisce invece che, soprattutto, sulla performance. Davvero difficile. Di fronte a queste domande - conclude Cobianchi - serve a poco modificare il sistema di tassazione, anche se quello proposto da Bankitalia va a tutto vantaggio del risparmiatore. Il sistema dei fondi italiani ha bisogno solo di due cose: trasparenza sui costi e gente in gamba".

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