Impatto economico globale del conflitto Israele-Iran: rischi e scenari

Le conseguenze economiche globali del conflitto tra Israele e Iran  Il conflitto tra Israele e Iran sta destabilizzando i mercati internazionali, generando effetti tangibili su petrolio, energia e finanza. La tensione geopolitica tra due attori chiave del Medio Oriente non solo influenza i rapporti regionali, ma incide profondamente sull'economia globale. Petrolio alle stelle: impatto sui mercati energetici L'Iran è tra i maggiori esportatori di petrolio e gas naturale , e la sua posizione strategica rende ogni crisi politica una minaccia per l’approvvigionamento mondiale. Il prezzo del Brent ha già registrato un incremento significativo, toccando i 73 dollari al barile , mentre il gas naturale ha subito un aumento del 4% nelle quotazioni europee. Un'eventuale chiusura dello Stretto di Hormuz , da cui transita il 20% del petrolio globale , potrebbe causare un’impennata dei costi energetici, con ripercussioni sull’economia mondiale. Shock finanziari e crollo delle Borse ...

Rottamazione e tagli Irpef: le promesse di maggioranza e le sfide delle coperture fiscali

 


In Italia, il dibattito sulle politiche fiscali e le riforme del sistema tributario è sempre vivace, ma oggi sembra aver raggiunto nuove vette di tensione. Il Governo, diviso tra le forze della Lega e Forza Italia, si trova ad affrontare una sfida non da poco: attuare promesse elettorali costose in un contesto economico complesso, in cui trovare le necessarie coperture fiscali diventa sempre più arduo. Le misure più in voga? La nuova rottamazione delle cartelle esattoriali e i tagli all'Irpef per il ceto medio, che potrebbero avere un impatto devastante sui conti pubblici.

La rottamazione delle cartelle esattoriali: un fardello o un beneficio?

Da un lato, la Lega continua a spingere per l’introduzione di una "rottamazione definitiva" delle cartelle esattoriali, una misura che, secondo i suoi sostenitori, potrebbe rappresentare un vantaggio per le casse dello Stato, permettendo ai contribuenti morosi di regolarizzare la loro posizione con un pagamento facilitato. A un primo sguardo, questa proposta sembra allettante, soprattutto in un paese dove l’evasione fiscale è una piaga costante.

Tuttavia, come sottolineano i critici, la situazione è più complicata. In un bilancio statale che deve rispettare parametri stringenti, come quelli imposti dal Piano Strutturale di Bilancio e dal patto di stabilità europeo, cancellare sanzioni e interessi su centinaia di migliaia di cartelle non sarebbe senza costi. Infatti, la misura proposta dal Carroccio, che prevede una dilazione dei pagamenti in 10 anni, comporterebbe una perdita di entrate nel breve termine. Le prime simulazioni ministeriali parlano di un impatto negativo sul bilancio di 5,2 miliardi di euro nel 2025, con una progressiva riduzione dei costi (3 miliardi nel 2026 e 2,3 miliardi nel 2027), ma con un saldo finale in passivo di circa 1,5 miliardi al termine del periodo di pagamento dilazionato.

La contromossa di Forza Italia: il taglio dell'Irpef

Non meno costosa è la proposta di Forza Italia, che rilancia la richiesta di una riduzione delle aliquote Irpef, in particolare per il ceto medio, una fascia di reddito che si trova a pagare il 35% di imposte sui redditi tra i 28.000 e i 50.000 euro. Secondo quanto dichiarato dal responsabile economico del partito, Maurizio Casasco, ridurre l’aliquota al 33% costerebbe circa 2,5 miliardi di euro all'anno, con un ulteriore esborso di 2 miliardi se l'aliquota venisse estesa anche ai redditi fino a 60.000 euro. Un piano che, sommato alla rottamazione, porterebbe il costo complessivo delle promesse fiscali a una cifra che si aggira tra gli 8 e i 10 miliardi di euro.

Tuttavia, la questione centrale rimane sempre la copertura fiscale. Il governo si trova a fronteggiare un bilancio pubblico già imbrigliato nell'obiettivo di ridurre il debito e mantenere la spesa pubblica sotto controllo. Nonostante l'Italia stia cercando di stimolare la crescita economica con un obiettivo di +1,2% di PIL nel 2025, il Paese è intrappolato in un ciclo di bassa crescita economica che persiste da mesi. La crescita reale del PIL è ferma da sei mesi, e le incertezze macroeconomiche restano alte. Gli analisti economici avvertono che le misure fiscali espansive potrebbero compromettere ulteriormente il già delicato equilibrio finanziario.

Le sfide delle coperture fiscali e l'equilibrio da trovare

In questo scenario di incertezze, il Ministero dell’Economia, guidato da Giancarlo Giorgetti, si trova sotto pressione da una parte della maggioranza, che vorrebbe stimolare la crescita con una politica fiscale più espansiva, e dall’altra parte dai vincoli imposti dall’Unione Europea. A oggi, il governo ha adottato una linea di "prudenza", cercando di bilanciare l’esigenza di sostenere i consumi e gli investimenti con la necessità di mantenere i conti pubblici in ordine.

Le prospettive per il 2025 restano incertissime. Secondo le ultime stime macroeconomiche, la crescita del PIL è prevista a un modesto +1,2%, un obiettivo che risulta difficile da raggiungere considerando i rischi economici interni ed esterni. Le previsioni indicano inoltre un incremento del debito pubblico, che potrebbe aumentare a causa delle misure fiscali espansive, con possibili effetti sullo spread dei titoli di Stato e sugli interessi sul debito, a meno che non vengano trovate adeguate coperture.

La difficile equazione tra consenso e stabilità fiscale

In sintesi, le promesse della Lega e di Forza Italia, seppur allettanti per l’elettorato, potrebbero rivelarsi un pericolo per la stabilità finanziaria del Paese. I costi complessivi delle misure fiscali potrebbero raggiungere i 10 miliardi di euro, una cifra significativa che rischia di compromettere l'aggiustamento fiscale richiesto dall'Unione Europea. Il governo si trova quindi di fronte a una difficile equazione: come coniugare le promesse elettorali e le necessità di bilancio pubblico senza compromettere la crescita e la stabilità economica a lungo termine?

La sfida sarà trovare un equilibrio tra stimolo fiscale e rigore economico, per evitare che una politica troppo espansiva possa minare la fiducia nei mercati e aggravare ulteriormente la situazione del debito pubblico.

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