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Antonio Marano
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Lo studio della Svimez, pur ipotizzando scenari differenti, prende in considerazione principalmente tre possibili evoluzioni della guerra commerciale. In uno degli scenari più realistici, con dazi al 20% sulle merci europee, l’Italia potrebbe subire una perdita di 3,8 miliardi di euro sul PIL nazionale (pari a una contrazione dello 0,18%) e 5,8 miliardi di euro sull’export diretto verso gli Stati Uniti. Sebbene il Mezzogiorno perda meno in termini di PIL, l’export ne risentirebbe molto di più, con una riduzione delle vendite negli Stati Uniti pari al 9,3% (-800 milioni di euro). Questo impatto sarebbe principalmente concentrato in settori strategici come l’automotive, l’agrifood e la farmaceutica, dove le regioni meridionali esprimono un forte potenziale di esportazione.
L'effetto occupazionale sarebbe altrettanto significativo, con la perdita di oltre 53.600 posti di lavoro, di cui circa 46.300 al Centro-Nord e circa 7.200 nel Sud. Questa distribuzione evidenzia un’altra criticità: le regioni settentrionali, pur subendo perdite inferiori in termini di PIL, potrebbero registrare una maggiore sofferenza sul fronte del lavoro.
L’analisi evidenzia una particolare disparità tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud. Seppur il PIL in generale subisca una contrazione contenuta, l’effetto sugli scambi internazionali risulterebbe più pesante per le regioni meridionali, che vedrebbero un ridimensionamento significativo nelle esportazioni dirette verso gli Stati Uniti. Questo dato può essere ricondotto al peso rilevante degli Stati Uniti sulle esportazioni meridionali, in particolare nei settori dell’automotive (grazie alla produzione di Stellantis), nell’agroalimentare e nella farmaceutica.
L’automotive, ad esempio, è uno dei settori più esposti alle misure di Trump, in quanto una parte consistente delle auto prodotte in Italia (in particolare al Sud) è destinata al mercato americano. Anche l’agroalimentare subirebbe gravi perdite: il settore alimentare potrebbe calare del 16,4%, mentre la farmaceutica potrebbe perdere il 13,6% delle sue esportazioni.
Nonostante le stime presentate dalla Svimez si basino su uno scenario intermedio con dazi al 20%, è possibile che il governo degli Stati Uniti possa scegliere anche misure più limitate o, al contrario, intensificare le difficoltà commerciali con l'adozione di dazi più elevati (come quelli fino al 100% sulle auto elettriche). In quest'ultimo caso, l’Italia potrebbe affrontare una contrazione del PIL di 5,4 miliardi di euro e una perdita di 8 miliardi di euro sull’export, con una conseguente perdita occupazionale che potrebbe superare i 76.000 posti di lavoro.
I settori più colpiti dalla guerra dei dazi di Trump sono quelli che hanno un forte legame con le esportazioni, in particolare verso gli Stati Uniti. Il settore agroalimentare e l'automotive sono tra i più vulnerabili. L'agrifood italiano, che vanta eccellenze conosciute in tutto il mondo, potrebbe vedere un forte ridimensionamento delle sue vendite negli Stati Uniti, con un effetto diretto sulle piccole e medie imprese che operano principalmente al Sud. L’industria dell'automobile, che gioca un ruolo fondamentale nelle economie del Mezzogiorno, rischia di essere particolarmente penalizzata, nonostante l’eccellenza dei modelli made in Italy.
La guerra dei dazi di Trump rappresenta una sfida enorme per l'economia italiana, che rischia di pagare un prezzo alto in termini di PIL, occupazione e competitività internazionale. Sebbene lo scenario attuale sia ancora incerto, le stime della Svimez forniscono un campanello d’allarme su come il protezionismo commerciale possa minacciare l’equilibrio tra le diverse aree del Paese, accentuando le disuguaglianze tra Nord e Sud. In tale contesto, è fondamentale che l’Italia, insieme agli altri membri dell’Unione Europea, lavori per trovare soluzioni diplomatiche e strategiche per proteggere i propri interessi economici senza compromettere le relazioni commerciali internazionali.
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