Cartolarizzazione nel calcio: dalla Lazio a Banca Sistema 2025

La cartolarizzazione nel calcio italiano ha attraversato un’evoluzione significativa dagli inizi degli anni Duemila fino a oggi, diventando uno strumento sempre più sofisticato per la gestione finanziaria dei club. Nel 2001, la Società Sportiva Lazio fu il primo club italiano a introdurre questa pratica nel settore calcistico. All’epoca, l’operazione riguardava la conversione dei crediti futuri legati ai diritti televisivi in obbligazioni, attraverso una società veicolo. L’obiettivo era chiaro: ottenere liquidità immediata senza ricorrere ad ulteriore indebitamento bancario. In un momento di tensione finanziaria, questa mossa rappresentò una svolta che permise alla Lazio di far fronte agli impegni di bilancio e pianificare con maggiore flessibilità. Da quel momento, la cartolarizzazione ha continuato a ritagliarsi uno spazio sempre più rilevante all’interno della finanza sportiva, fino a raggiungere una nuova tappa fondamentale nel 2025. Banca Sistema, in partnership con ElevenPoint S...

La guerra dei dazi di Trump e l’impatto sull’economia italiana

 

La presidenza di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti è appena iniziata, ma la politica commerciale ha subito preso una piega inaspettata con la volontà di introdurre dazi pesanti verso una serie di Paesi, tra cui la Cina, i membri dei BRICS e l'Eurozona. Questa “guerra dei dazi” ha avuto in passato e potrebbe avere oggi, effetti profondi sull’economia globale, ma l’Italia, in quanto membro dell’Unione Europea e uno degli Stati più esposti agli scambi internazionali, si è riscoperta particolarmente vulnerabile. Un'analisi della Svimez, pubblicata sul Sole 24 Ore, evidenzia gli impatti economici che tali misure potrebbero comportare per il nostro Paese, con stime preoccupanti sull'export, sul PIL e sull’occupazione.

Gli scenari di impatto

Lo studio della Svimez, pur ipotizzando scenari differenti, prende in considerazione principalmente tre possibili evoluzioni della guerra commerciale. In uno degli scenari più realistici, con dazi al 20% sulle merci europee, l’Italia potrebbe subire una perdita di 3,8 miliardi di euro sul PIL nazionale (pari a una contrazione dello 0,18%) e 5,8 miliardi di euro sull’export diretto verso gli Stati Uniti. Sebbene il Mezzogiorno perda meno in termini di PIL, l’export ne risentirebbe molto di più, con una riduzione delle vendite negli Stati Uniti pari al 9,3% (-800 milioni di euro). Questo impatto sarebbe principalmente concentrato in settori strategici come l’automotive, l’agrifood e la farmaceutica, dove le regioni meridionali esprimono un forte potenziale di esportazione.

L'effetto occupazionale sarebbe altrettanto significativo, con la perdita di oltre 53.600 posti di lavoro, di cui circa 46.300 al Centro-Nord e circa 7.200 nel Sud. Questa distribuzione evidenzia un’altra criticità: le regioni settentrionali, pur subendo perdite inferiori in termini di PIL, potrebbero registrare una maggiore sofferenza sul fronte del lavoro.

La disparità tra Centro-Nord e Sud

L’analisi evidenzia una particolare disparità tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud. Seppur il PIL in generale subisca una contrazione contenuta, l’effetto sugli scambi internazionali risulterebbe più pesante per le regioni meridionali, che vedrebbero un ridimensionamento significativo nelle esportazioni dirette verso gli Stati Uniti. Questo dato può essere ricondotto al peso rilevante degli Stati Uniti sulle esportazioni meridionali, in particolare nei settori dell’automotive (grazie alla produzione di Stellantis), nell’agroalimentare e nella farmaceutica.

L’automotive, ad esempio, è uno dei settori più esposti alle misure di Trump, in quanto una parte consistente delle auto prodotte in Italia (in particolare al Sud) è destinata al mercato americano. Anche l’agroalimentare subirebbe gravi perdite: il settore alimentare potrebbe calare del 16,4%, mentre la farmaceutica potrebbe perdere il 13,6% delle sue esportazioni.

La possibile evoluzione della guerra dei dazi

Nonostante le stime presentate dalla Svimez si basino su uno scenario intermedio con dazi al 20%, è possibile che il governo degli Stati Uniti possa scegliere anche misure più limitate o, al contrario, intensificare le difficoltà commerciali con l'adozione di dazi più elevati (come quelli fino al 100% sulle auto elettriche). In quest'ultimo caso, l’Italia potrebbe affrontare una contrazione del PIL di 5,4 miliardi di euro e una perdita di 8 miliardi di euro sull’export, con una conseguente perdita occupazionale che potrebbe superare i 76.000 posti di lavoro.

Impatti settoriali e risposte a livello nazionale

I settori più colpiti dalla guerra dei dazi di Trump sono quelli che hanno un forte legame con le esportazioni, in particolare verso gli Stati Uniti. Il settore agroalimentare e l'automotive sono tra i più vulnerabili. L'agrifood italiano, che vanta eccellenze conosciute in tutto il mondo, potrebbe vedere un forte ridimensionamento delle sue vendite negli Stati Uniti, con un effetto diretto sulle piccole e medie imprese che operano principalmente al Sud. L’industria dell'automobile, che gioca un ruolo fondamentale nelle economie del Mezzogiorno, rischia di essere particolarmente penalizzata, nonostante l’eccellenza dei modelli made in Italy.

La guerra dei dazi di Trump rappresenta una sfida enorme per l'economia italiana, che rischia di pagare un prezzo alto in termini di PIL, occupazione e competitività internazionale. Sebbene lo scenario attuale sia ancora incerto, le stime della Svimez forniscono un campanello d’allarme su come il protezionismo commerciale possa minacciare l’equilibrio tra le diverse aree del Paese, accentuando le disuguaglianze tra Nord e Sud. In tale contesto, è fondamentale che l’Italia, insieme agli altri membri dell’Unione Europea, lavori per trovare soluzioni diplomatiche e strategiche per proteggere i propri interessi economici senza compromettere le relazioni commerciali internazionali.

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