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Le clausole sono parte di un contratto legale e mirano a fissare, di volta in volta, alcuni aspetti particolari del medesimo con l'intento di regolare in toto ogni determinazione volitiva inscindibile contenuta nel contratto.
Partendo dalla legge numero 52 del 1996, inerente tutta una serie di norme a tutela dei consumatori, ci si rende conto di come all'interno dei contratti bancari sono, a volte, ancora presenti clausole che per svariati motivi non si riescono ancora ad eliminare e che, ad un'analisi più approfondita, risultano essere ingiustificate o addirittura illogiche.
Leggendo e rileggendo attentamente diversi contratti di mutuo ci si può trovare di fronte a clausole che, sotto il profilo della disciplina del rapporto tra banca e cliente, destano forti dubbi di abusività o di leggittimità.
In particolare ci riferiamo, ad esempio: 1) a quelle che stabiliscono quale sia il foro competente in caso di controversie legali (di norma è quello ove è ubicata la sede della banca e non, come sarebbe più logico e meno dispendioso per il soggetto più debole, quello della residenza del consumatore); 2) le clausole in forza delle quali gli estratti conto della banca fanno sempre piena prova contro la parte mutuataria; 3) le assurde clausole che privano il mutuatario del diritto di chiedere la cancellazione della garanzia ipotecaria dopo che il mutuo è stato integralmente rimborsato; 4) le clausole che vietano, in termini assoluti, l’accollo del debito derivante dal mutuo; 5) le clausole con le quali si inibisce in modo rilevante l’uso dell’immobile cauzionale; 6) le clausole che derogano al regime di parziarietà e sussidiarietà previsti, in materia di obbligazioni, dalla disciplina della comunione legale; 7) le clausole che abilitano la banca a risolvere il contratto a fronte del mancato rispetto di obbligazioni troppo generiche, o non particolarmente significative, o non corrispondenti a interessi meritevoli di tutela; 8) le clausole che trasferiscono sul mutuatario gli oneri tributari diretti della banca; 9) appaiono, inoltre, abusive le clausole che pretendono di consentire alla banca di modificare unilateralmente, e senza giustificato motivo, le condizioni economiche del contratto, compreso il tasso di interesse. E’ evidente che il cliente che contrae un mutuo fa pieno affidamento sul tasso e sulla durata convenuti, e da lui accettati, in base alle previsioni di reddito che si presume gli consentano un regolare adempimento delle obbligazioni assunte.
In linea di principio, è legittimo affermare che il cliente deve sempre avere la possibilità di decidere che tipo di mutuo contrarre, tra uno a tasso fisso, misto o variabile, ed è l'unico responsabile del rischio di questa scelta. Non sembra, invece, dal punto di vista legale, compatibile con la natura del contratto di mutuo, che tali elementi di base possano essere modificati unilateralmente e discrezionalmente dalla banca, la quale aumenti, ad esempio l’importo del tasso fisso, o il parametro di riferimento di quello variabile, o i punti di maggiorazione di quest'ultimo (lo spread), o costringa il mutuatario, se non vuole aderire a tali modifiche, ad uscire anticipatamente dal rapporto.
Come si evince da questo breve elenco, sono numerose le postille alle quali è necessario prestare la massima attenzione all'atto della stipula di un contratto di mutuo. Ove previste, tutte le clausole testé elencate, una volta firmato il contratto, non sono modificabili né eliminabili, ragion per cui non sarebbe una cattiva idea farsi assistere da un legale, magari amico, al fine di trovare, quando possibile, delle soluzioni che più si confanno alle proprie reali esigenze.