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A sostenerlo sono stati gli eperti dei mercati valutari delle principali banche d'affari italiane ed estere intervistati, la scorsa settimana, da Maximilian Cellino di "Plus 24".
La situazione poco rosea in cui versa l'economia mondiale, in gran parte da addebitarsi alla crisi dei mutui subprime americani e a una volatilità valutaria fuori dal comune, ha destato nei mercati monetari una sorta di incertezza a breve termine che, molto probabilmente, subirà una svolta, in positivo, a partire dalla seconda metà di quest'anno.
Maximilian Cellino ha raccolto le impressioni di Cosimo Musiello di "Prometeia Advisor Sim". Secondo Musiello, il cambio euro/dollaro, potrebbe ancora subire delle variazioni importanti sul versante della moneta unica, con impennate prossime a 1,70 dollari per euro. Come lui la pensa però l'11% degli intervistati (il 4% addirittura "prospetta" a breve valori superiori a 1,70), mentre la grande maggioranza (64%) ritiene che da qui ai prossimi tre mesi si continuerà ad oscillare attorno agli attuali livelli, ovvero fra 1,50 e 1,60.
Propendono per una svolta decisa in favore del biglietto verde Didier Borowski di "Société Générale Am", Marco Pelissero di "Banca Patrimoni Sella & C." e Giorgio Giovannini di "Henderson Global Investors". Tutti concordano sul fatto che oggi l'America è in crisi ma sarà anche il primo mercato a riprendersi in termini di crescita economica.
Ad analizzare le ricadute sull'economia europea ci hanno pensato Mauro Toldo di "Deka Bank" e Corrado Caironi di "Black Rock". I due analisti ritengono che sarà importante valutare l'impatto che le disavventure finanziarie avranno sugli altri Paesi, anche perché, se la crisi mette in difficoltà l'economia europea è possibile che ci sarà pressione sull'euro. Anche la Banca Centrale Europea dovrà uscire da questo stato d'inerzia volto al contenimento dell'inflazione. Un eccessivo apprezzamento della moneta unica, infatti, rappresenta un serio freno alla crescita economica dell'eurozona. E' molto probabile che nella seconda metà dell'anno assisteremo a una convergenza in termini di tassi fra Usa ed Europa e la Bce si indirizzerà verso una maggiore flessibilità, con possibili tagli del costo del denaro. In questo modo anche gli effetti dell'allargamento del differenziale tassi Bce-Fed, uno fra i fattori chiave della caduta del dollaro, sarebbero destinati ad affievolirsi.