Trump rilancia i dazi USA: nuove tariffe fino al 40% nel 2025

Nuove tariffe USA: il presidente Trump rilancia i dazi e scuote l’economia globale Negli ultimi giorni, la scena economica internazionale è tornata a ruotare attorno a Donald Trump, attuale presidente degli Stati Uniti. La sua amministrazione ha annunciato un pacchetto di nuove tariffe doganali che potrebbero ridefinire, ancora una volta, gli equilibri del commercio globale. Il piano prevede dazi compresi tra il 25% e il 40% su beni importati da oltre 14 Paesi. In parallelo, è stato deciso il rinvio al 1° agosto dell’entrata in vigore delle tariffe generalizzate, inizialmente previste per il 9 luglio. Una scelta strategica che potrebbe aprire a negoziati, ma che intanto ha già agitato i mercati internazionali. Secondo Trump, l’obiettivo è duplice: ridurre il cronico deficit commerciale degli Stati Uniti e incentivare le aziende straniere a rilocalizzare la produzione direttamente sul territorio americano. A detta della Casa Bianca, gli USA avrebbero già incassato oltre 100 miliardi di ...

Mutui e rischio di insolvenza ridotti grazie al decreto Bersani



Il sistema bancario italiano è ben protetto da eventuali casi di insolvenza in ragione degli standard estremamente restrittivi applicati dalle banche per l’accesso ai mutui. Da un lato, così come avviene nel resto d’Europa, l’ammontare del mutuo concedibile è tale che il rapporto rata/reddito non possa in media superare una determinata soglia, di norma attestata intorno al 33%. Dall’altro, il rapporto fra ammontare del mutuo e valore dell’immobile, il cosiddetto loan to value, è in media al 55 per cento, ben al di sotto del valore medio dell’area euro, che è il 70 per cento. Anche se negli ultimi anni entrambi gli standard sono diventati meno restrittivi, lo stock di mutui in essere rimane comunque ben presidiato.
La preferenza dei mutuatari italiani per il tasso variabile è peraltro determinata anche da anomalie di costo. Come ha riferito in una nota la Banca d’Italia, il differenziale fra il costo dei mutui a tasso fisso e quelli a tasso variabile, "è stato nel 2006 di 80 punti base, a fronte dei 30 registrati, in media, nell'area dell'euro".
L’anomalia ha origini diverse. Un fattore è senz’altro nella differenza strutturale dei mutui-casa italiani a tasso fisso. In molti paesi esteri si paga sì a tasso fisso, ma i tassi di riferimento sono quelli di medio termine perché dopo pochi anni il tasso può essere rinegoziato o trasformato in variabile. In Italia, si utilizzano i tassi a lungo termine, perché storicamente i mutui non sono rinegoziabili, se non dietro pagamento di una proibitiva penale. Il mutuatario era incatenato per sempre alle condizioni di tasso iniziali, e ciò rendeva oneroso qualsiasi errore di scelta. Con i decreti Bersani e il recente accordo tra Abi e consumatori, che hanno ridotto le penali anche sul tasso fisso, la situazione economica e gestionale del mutuatario italiano può, a ragione, ritenersi molto meno drammatica di quanto lo fosse in passato.

Commenti

📊 L’economia cambia ogni giorno! Seguimi su Facebook per approfondimenti e analisi sempre aggiornate. 💡