Cartolarizzazione nel calcio: dalla Lazio a Banca Sistema 2025

La cartolarizzazione nel calcio italiano ha attraversato un’evoluzione significativa dagli inizi degli anni Duemila fino a oggi, diventando uno strumento sempre più sofisticato per la gestione finanziaria dei club. Nel 2001, la Società Sportiva Lazio fu il primo club italiano a introdurre questa pratica nel settore calcistico. All’epoca, l’operazione riguardava la conversione dei crediti futuri legati ai diritti televisivi in obbligazioni, attraverso una società veicolo. L’obiettivo era chiaro: ottenere liquidità immediata senza ricorrere ad ulteriore indebitamento bancario. In un momento di tensione finanziaria, questa mossa rappresentò una svolta che permise alla Lazio di far fronte agli impegni di bilancio e pianificare con maggiore flessibilità. Da quel momento, la cartolarizzazione ha continuato a ritagliarsi uno spazio sempre più rilevante all’interno della finanza sportiva, fino a raggiungere una nuova tappa fondamentale nel 2025. Banca Sistema, in partnership con ElevenPoint S...

Fondi comuni: le commissioni eccessive ne inficiano le performance!

In linea di massima, se non si possiede un'adeguata conoscenza dei mercati e dei prodotti finanziari in esso presenti è buona norma affidarsi a dei seri professionisti che siano in grado di guidare gli investitori verso scelte oculate, in grado di offrire performance degne di nota.

Al fine di ottenere un buon margine è necessario prevedere, con la massima precisione, a quanto, in realtà, ammontano le commissioni spettanti ai gestori ed alle banche. Al netto di queste, infatti, sarà possibile stimare l'effettivo guadagno inerente l'investimento.

Mediamente, se si sceglie di investire il proprio denaro in un "fondo azionario Italia", l'onere gravante sull'investimento sarà pari al 2% circa dell'ammontare complessivo. A conti fatti sembrerebbe un onere accettabile; tanto più se si tiene in debita considerazione la situazione ciclica dei mercati, in cui le Borse offrono un ritorno annuo medio del 7% - 8%.

In termini assoluti, però, non è così. Quel 2%, su un rendimento dell'8%, sta a significare che un quarto della performance finisce per coprire spese di gestione.

I margini sono ancora più risicati nel caso dei fondi obbligazionari dell'area euro. La contrazione è da attribuirsi, in buona sostanza, al ribasso dei tassi dall'avvento della moneta unica ad oggi. I fondi hanno continuato ad incassare, in media, più dell'1% annuo e, in alcuni casi, si sono spinti fino all'1,6%.

In conseguenza di ciò, chi ha investito in fondi obbligazionari nel 2006, non ha incassato praticamente nulla, anzi ha finito per versare denaro al gestore del fondo, che è stato l'unico a guadagnarci.

Il nodo dell'onerosità del sistema dei fondi comuni e la gestione passiva delle scelte d'investimento sono i motivi principali che impediscono ai fondi di battere gli indici di riferimento. Addirittura, nel 2006, solo il 14% dei fondi ha fatto registrare performance superiori a quelle degli indici di riferimento.

Di seguito i costi medi dei fondi comuni, inerenti le più diffuse categorie d'investimento

Azionari internazionali: 2,35%
Azionari Italia: 2,32%
Bilanciati azionari 2,29%
Fondi bilanciati: 1,95%
Bilanciati obbligazionari: 1,71%
APPROFONDIMENTI: Guida ai fondi comuni

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