Il paradosso degli affitti brevi in Italia: una crisi pilotata

Affitti brevi in Italia: tra nuove norme, crisi del settore e impatti sulla proprietà privata Negli ultimi anni, il settore degli affitti brevi in Italia ha vissuto una trasformazione significativa, passando da una crescita esponenziale a una fase di contrazione e incertezza. Le nuove normative introdotte nel 2025 hanno portato a un cambiamento radicale, con conseguenze che stanno facendo discutere. Se da un lato queste regole mirano a contrastare l’abusivismo e a regolamentare un mercato in forte espansione, dall’altro hanno sollevato preoccupazioni per il loro impatto su piccoli proprietari, posti di lavoro e il diritto alla proprietà privata. Un settore in evoluzione: dati pre e post pandemia Prima della pandemia, il mercato degli affitti brevi in Italia era in piena espansione, con piattaforme come Airbnb , Booking.com , Expedia e TripAdvisor che dominavano il settore. Nel 2019, si contavano oltre 642.300 unità abitative attive su Airbnb, un numero che rappresentava una crescita ...

Cessione del quinto dello stipendio: in Italia è la forma di rimborso più utilizzata!

Gli italiani sono ancora il fanalino di coda in Europa quanto a credito al consumo, ma la forbice sembra stringersi rapidamente. Ad affermarlo è Valentina Conte de "Il Sole 24 Ore". La richiesta di prestiti cresce, infatti, non soltanto per spendere di più, ma anche per mantenere inalterato il proprio potere d'acquisto, come dimostra il boom delle cosiddette cessioni del quinto dello stipendio. In questa situazione - continua la giornalista - le banche hanno una grande responsabilità: evitare che la difficoltà di accesso al credito spinga i risparmiatori verso le società finanziarie dietro cui si nascondono spesso gli usurai. Da uno studio condotto dalla società di consulenza "Roland Berger", si evince una tendenza netta al rialzo in merito al ricorso ai piccoli prestiti personali, da parte delle famiglie italiane. Come è noto - dice Valentina Conte - nel 2006 sono stati erogati in Italia 85,2 miliardi di euro di finanziamenti per il credito al consumo (erano 72,3 miliardi di euro nel 2005), pari al 5,8% del Pil (Prodotto Interno Lordo). Secondo l'indagine condotta dalla "Roland Berger", il dato nuovo inerisce il passaggio dai tradizionali prestiti per l'acquisto dell'automobile o di elettrodomestici, ancora importanti come pure i mutui per la casa, a prodotti "last hope", ultima spiaggia: la cessione del quinto dello stipendio che dal 2004 cresce a ritmi vertiginosi, il 39% l'anno, i prestiti personali (+25%) e l'utilizzo delle carte di credito (+18%). Percentuali che fanno impallidire il ritmo di crescita del 5% del prestito auto e dell'1% dei cosiddetti prestiti "finalizzati". "L'ottica delle banche deve cambiare - afferma Maurizio Panetti, co-managing partner della Roland Berger - non deve più essere rivolta al breve termine, ma allo sviluppo di prodotti per finanziare esigenze strutturali, come sono i consumi quotidiani. Mutui e consumer financing hanno una struttura simile (rata e interessi) ma sono diversi dal punto di vista del rischio che nel secondo caso può arrivare fino al 20%. Questo avviene perché il mutuo è un prestito garantito, il credito al consumo no". Occorre, dunque, riportare il credito al consumo nelle banche che riescono a gestire meglio il costo distributivo, impedire il proliferare del mercato dell'usura e invertire la visione dell'indebitamento come fattore non virtuoso. La riforma delle finanziarie è indispensabile - conclude Panetti - per mettere sotto controllo l'usura. Sono le banche che devono coprire questo rischio a tutto vantaggio del mercato e del consumatore che non deve pagare lo sviluppo. Qualcosa già si muove nell'offerta degli istituti di credito: dai mutui a 40 anni a quelli generazionali, dal prestito per finanziare gli studi al consolidamento del debito.

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