Affitti brevi in Italia: tra nuove norme, crisi del settore e impatti sulla proprietà privata
Negli ultimi anni, il settore degli affitti brevi in Italia ha vissuto una trasformazione significativa, passando da una crescita esponenziale a una fase di contrazione e incertezza. Le nuove normative introdotte nel 2025 hanno portato a un cambiamento radicale, con conseguenze che stanno facendo discutere. Se da un lato queste regole mirano a contrastare l’abusivismo e a regolamentare un mercato in forte espansione, dall’altro hanno sollevato preoccupazioni per il loro impatto su piccoli proprietari, posti di lavoro e il diritto alla proprietà privata.
Un settore in evoluzione: dati pre e post pandemia
Prima della pandemia, il mercato degli affitti brevi in Italia era in piena espansione, con piattaforme come Airbnb, Booking.com, Expedia e TripAdvisor che dominavano il settore. Nel 2019, si contavano oltre 642.300 unità abitative attive su Airbnb, un numero che rappresentava una crescita significativa rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, la pandemia ha segnato una brusca battuta d’arresto: nel 2021, il numero di unità attive è sceso a 494.500, evidenziando una contrazione del 23%.
Con l’uscita dalla pandemia, il settore ha iniziato a riprendersi, superando i livelli pre-pandemici nel 2023 e registrando un record di 754.000 unità attive nel 2024, con un incremento del 52% rispetto al 2017. Questo boom è stato accompagnato da un aumento della redditività: il numero di notti prenotate per unità è salito a 70 nel 2024, con una tariffa media giornaliera di 167 euro. Tuttavia, il 2025 ha segnato un’inversione di tendenza, con una contrazione del numero di strutture disponibili. A marzo, i portali specializzati contavano 66.660 annunci, rispetto ai 75.000 di gennaio, con una riduzione di circa l’11%.
Un vaso di Pandora: tra abusivismo e onestà
Le nuove norme hanno avuto il merito di portare alla luce situazioni di abusivismo, come strutture ricettive nate in spazi non idonei, tra cui box auto, garage e magazzini. Tuttavia, nel tentativo di regolamentare il settore, hanno finito per penalizzare anche chi lavorava onestamente. Molti piccoli proprietari, che rispettavano le regole e offrivano un servizio di qualità, si sono trovati schiacciati da una burocrazia sempre più complessa e da costi insostenibili.
Secondo un report di AIGAB, il settore degli affitti brevi ha generato ricadute economiche per 66 miliardi di euro nel 2024, di cui 13 miliardi dalle prenotazioni dirette e 52 miliardi dall’indotto. Tuttavia, il 2025 ha visto una riduzione significativa delle strutture registrate, con solo l’85% delle unità dotate del Codice Identificativo Nazionale (CIN), obbligatorio per operare sul mercato.
Proprietà privata sotto attacco?
Un altro aspetto controverso riguarda il diritto alla proprietà privata. Le nuove normative, di fatto, impongono regole stringenti su come i proprietari possono utilizzare le proprie abitazioni, sollevando dubbi sulla legittimità di tali interventi. Per molti, queste regole rappresentano un’ingerenza dello Stato nella gestione della propria casa, limitando la libertà di scelta e trasformando un’opportunità di reddito in un incubo burocratico.
Un esempio concreto: il peso delle OTA
Le piattaforme di prenotazione online, come Booking.com, Airbnb, Expedia e TripAdvisor, giocano un ruolo cruciale nel settore degli affitti brevi, ma spesso a caro prezzo per i proprietari. Oltre alle commissioni, che possono arrivare fino al 20%, queste piattaforme applicano ulteriori ritenute fiscali e promuovono sconti attraverso programmi come Genius, riducendo ulteriormente i margini di guadagno. In molti casi, i gestori si trovano a lavorare duramente per portare a casa guadagni irrisori, spesso inferiori a 10 euro per notte.
Prospettive future: quale direzione per il settore?
Le prospettive per il settore degli affitti brevi in Italia sono complesse. Da un lato, la domanda di soluzioni abitative flessibili continua a crescere, alimentata da fenomeni come il bleisure travel (business e leisure combinati) e la mobilità temporanea. Dall’altro, le nuove normative e l’aumento della tassazione rischiano di scoraggiare i piccoli proprietari, favorendo invece i grandi operatori e le agenzie di intermediazione.
Secondo gli esperti, il futuro del settore dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio tra regolamentazione e sostenibilità economica. Senza un approccio più inclusivo e meno punitivo, il rischio è quello di affamare migliaia di famiglie e di compromettere un settore che, fino a poco tempo fa, era una risorsa preziosa per l’economia italiana.
Le nuove norme sugli affitti brevi hanno senza dubbio aperto un dibattito importante sul futuro del settore. Se da un lato è necessario contrastare l’abusivismo e garantire standard di qualità e sicurezza, dall’altro è fondamentale tutelare i piccoli proprietari, che rappresentano il cuore pulsante di questo mercato. Solo attraverso un dialogo costruttivo tra istituzioni, operatori e piattaforme digitali sarà possibile garantire un futuro sostenibile per gli affitti brevi in Italia.
Il falso mito della mancanza di alloggi: affitti brevi e realtà del mercato immobiliare
Negli ultimi anni, il dibattito sulla presunta mancanza di alloggi disponibili in Italia ha spesso puntato il dito contro il mercato degli affitti brevi. Tuttavia, questa narrazione non tiene conto di una realtà più complessa, in cui le cause della crisi abitativa sono ben più profonde e strutturali. È importante sfatare il mito che gli affitti brevi siano i principali responsabili della carenza di case, analizzando invece altri fattori come le palazzine di nuova costruzione rimaste deserte e le case popolari mai assegnate.
Affitti brevi: una percentuale marginale del mercato
Gli affitti brevi rappresentano una piccola parte del mercato immobiliare complessivo. Secondo i dati, in Italia una casa su cinque è sfitta, con numeri impressionanti nelle grandi città: oltre 200.000 abitazioni vuote a Roma, 70.000 a Milano e 60.000 a Torino
Gli immobili destinati agli affitti brevi costituiscono una frazione di queste unità e, spesso, riguardano seconde case che altrimenti rimarrebbero inutilizzate. Inoltre, molti proprietari scelgono questa formula per evitare i rischi legati agli affitti tradizionali, come la morosità o i lunghi vincoli contrattuali.
Piuttosto che sottrarre alloggi al mercato, gli affitti brevi contribuiscono a riqualificare immobili altrimenti abbandonati, generando un circolo virtuoso che favorisce l’economia locale e il turismo. La vera causa della crisi abitativa, quindi, non è da ricercare in questo settore, ma in politiche pubbliche inefficaci e in una gestione immobiliare poco lungimirante.
Palazzine deserte: il paradosso delle nuove costruzioni
Un altro elemento che sfata il mito della mancanza di alloggi è il fenomeno delle palazzine di nuova costruzione che, una volta completate, rimangono deserte. In molte città italiane, interi complessi residenziali restano vuoti per anni, spesso a causa di prezzi di vendita o affitto troppo elevati rispetto alla domanda reale. Questo fenomeno evidenzia un problema di accessibilità economica, piuttosto che una reale scarsità di abitazioni.
Inoltre, la mancanza di incentivi per il recupero di edifici già esistenti e la speculazione immobiliare contribuiscono a creare un mercato immobiliare distorto, in cui le case ci sono, ma non sono accessibili a chi ne ha bisogno.
Case popolari: un patrimonio inutilizzato
Un altro aspetto critico è rappresentato dalle case popolari, che dovrebbero essere una risposta concreta all’emergenza abitativa. Tuttavia, in molte regioni italiane, migliaia di alloggi di edilizia residenziale pubblica rimangono vuoti o inutilizzati. Questo accade per diverse ragioni: ritardi burocratici nell’assegnazione, mancanza di manutenzione e fondi insufficienti per ristrutturare gli immobili.
Secondo i dati, solo una parte delle case popolari disponibili viene effettivamente assegnata, lasciando molte famiglie in difficoltà senza un’abitazione adeguata. Questo spreco di risorse pubbliche rappresenta una delle vere cause della crisi abitativa, ben più rilevante rispetto all’impatto degli affitti brevi.
Una crisi complessa, non un unico colpevole
La narrazione che attribuisce agli affitti brevi la responsabilità della mancanza di alloggi è un falso mito che distoglie l’attenzione dai veri problemi del mercato immobiliare italiano. La crisi abitativa è il risultato di una combinazione di fattori, tra cui politiche pubbliche inefficaci, speculazione immobiliare, palazzine deserte e case popolari mai assegnate.
Per affrontare questa situazione, è necessario un approccio più equilibrato e mirato, che includa incentivi per il recupero degli immobili inutilizzati, una gestione più efficiente delle case popolari e politiche che rendano il mercato immobiliare più accessibile e sostenibile per tutti.
Crisi del mercato immobiliare: il circolo vizioso tra lavori precari, bassi salari e affitti
La crisi del mercato immobiliare non si limita al fenomeno degli affitti brevi o alle questioni legate alla gestione degli immobili. Essa affonda le radici in dinamiche più profonde, come la precarietà lavorativa e i bassi salari, che rendono sempre più difficile per molte persone accedere al mercato degli affitti. Dall’altra parte, i proprietari di immobili lamentano problematiche che frenano la loro disponibilità ad affittare, creando un circolo vizioso che alimenta la crisi abitativa.
Lavori precari e salari insufficienti: la barriera per gli inquilini
Uno dei principali ostacoli per chi cerca casa in affitto è la mancanza di contratti di lavoro stabili e la sproporzione tra i salari percepiti e il costo della vita. Secondo l’ISTAT, il reddito medio di un lavoratore dipendente nel 2023 era di circa 23.000 euro annui, un dato che, sommato a contratti di lavoro spesso precari, rende difficile soddisfare le richieste dei proprietari. La sicurezza economica degli inquilini è un fattore chiave per chi decide di affittare, ma la crescente instabilità del mercato del lavoro si traduce in una minore fiducia e nella difficoltà di ottenere garanzie economiche solide.
Il risultato è che molte famiglie si trovano in una situazione di vulnerabilità: il reddito disponibile è spesso insufficiente per coprire affitti che, nelle grandi città, possono raggiungere cifre proibitive. A Milano, ad esempio, il costo medio di un appartamento bilocale nel 2025 si attesta sui 1.200 euro mensili, una somma che assorbe buona parte del reddito di una famiglia media.
I timori dei proprietari: mancato pagamento e danni agli immobili
Se per gli inquilini la difficoltà è trovare una casa accessibile, i proprietari si trovano di fronte a sfide che li spingono a essere sempre più cauti nel mettere in affitto i propri immobili. Tra i principali motivi di preoccupazione vi sono:
Mancato pagamento dell’affitto: Secondo un report di Confedilizia, il 15% dei contratti di locazione attivi nel 2024 ha registrato episodi di morosità da parte degli inquilini. Questo dato rende l’affitto un rischio per i proprietari, soprattutto in un contesto economico instabile.
Danni causati agli immobili: È frequente che, al termine del contratto, gli immobili tornino al proprietario con danni che richiedono spese importanti per la riparazione. Le controversie su chi debba coprire tali costi sono spesso fonte di tensioni.
Problemi legali per il recupero dell’immobile: Le normative italiane prevedono tempi lunghi per la risoluzione di contratti di locazione in caso di mancato pagamento o di abusi. I proprietari lamentano l’impossibilità di tornare rapidamente in possesso del proprio immobile, una difficoltà che aumenta il rischio percepito dell’affitto.
Il circolo vizioso del mercato immobiliare
Questi fattori si combinano creando un circolo vizioso che aggrava la crisi abitativa: i lavoratori precari e con salari bassi faticano ad accedere agli affitti, mentre i proprietari, scoraggiati da esperienze negative, preferiscono lasciare i propri immobili vuoti o destinarli agli affitti brevi, considerati meno rischiosi. In Italia, oltre il 20% delle abitazioni risulta sfitta, un dato che sottolinea quanto il mercato immobiliare sia polarizzato.
Prospettive per risolvere la crisi
Affrontare la crisi del mercato immobiliare richiede interventi mirati che tutelino sia gli inquilini che i proprietari. Alcuni possibili approcci includono:
Politiche di sostegno per gli inquilini: Incentivi fiscali o contributi diretti per il pagamento dell’affitto, combinati con iniziative per favorire la stabilità lavorativa.
Assicurazioni per i proprietari: L’introduzione di strumenti assicurativi pubblici o privati per coprire il rischio di mancato pagamento o danni agli immobili potrebbe incoraggiare più proprietari a mettere in affitto le loro case.
Regolamentazione più snella: Snellire i processi legali per il recupero degli immobili in caso di contenziosi aiuterebbe a ridurre i timori dei proprietari.
La crisi del mercato immobiliare riflette una fragilità economica che va ben oltre la disponibilità di case: è una questione di equilibrio sociale ed economico che necessita di una visione a lungo termine.
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